martedì 21 novembre 2017

XII° Festival Tuttestorie - Cagliari - Incontro con l'autore Francesco D'Adamo, Classe 2^C della Scuola secondaria dell’I.C. di Sestu e Andreina Murgia

Il 12° Festival Tuttestorie di Letteratura per Ragazzi “DIPENDE DA COME MI ABBRACCI. Racconti, visioni e libri sui Legami che ci fanno noi” si è svolto dal 5 all’8 ottobre 2017 a Cagliari. Le classi 2^A e 2^C dell’Istituto Comprensivo di Sestu hanno incontrato lo scrittore Francesco D’Adamo, autore del libro “Papà sta sulla torre”. 


Lo scrittore saluta i ragazzi e si presenta, affrontando diversi argomenti…

La scuola
“Io faccio questo lavoro con grande passione e divertimento perché faccio ciò che ho sempre sognato. Ho frequentato le scuole elementari a Cremona, dove sono cresciuto, per poi trasferirmi a Milano per l’Università. Delle scuole elementari ricordo uno straordinario maestro a cui tuttora penso con tanto affetto perché è stata una figura molto importante. Maestro Ugo aveva una bellissima abitudine: tutti i giorni, quando vedeva che eravamo stanchi, nell’ultima mezz’ora ci leggeva una storia a voce alta. Era bravissimo ad interrompersi sempre sul più bello. Così il giorno dopo noi eravamo impazienti di tornare a scuola per conoscere la conclusione della storia.

La magia della lettura
E’ bello sentire qualcuno che legge per te delle storie che portano via, in altri luoghi e in altri tempi, che fanno fare viaggi straordinari. Così mi sono innamorato delle storie e dei libri. Dentro i libri ci sono tutte le storie del mondo. Dovete avere solo la curiosità di andare a cercare le storie adatte a voi, quelle che, per un qualunque motivo, vi piacciono, vi divertono, vi fanno passare un bel pomeriggio, ridere, piangere, sognare… le storie che vi fanno il solletico. Un bravo lettore deve essere pasticcione perché mette le mani nei libri, li tocca, li annusa. Andate, quindi, a ficcare il naso nei libri. E se quella storia non vi piace e vi annoia, mettete via quel libro e sceglietene un altro. Non c’è mai l’obbligo di leggere un libro. Non ci sono né libri obbligatori né libri proibiti: leggete quello che vi piace. Da tutto ciò è nata la mia voglia di raccontare delle storie agli altri. Lì è nata la mia voglia di diventare scrittore.

“Papà sta sulla torre”
Come avete potuto notare leggendo “Papà sta sulla torre”, io scrivo libri un po’ particolari. D’altronde, ogni scrittore scrive le storie che lo rappresentano. Io amo partire sempre dalla realtà nella quale viviamo. Quindi, trovo le mie storie oltre che nella mia testa anche nei giornali o in tv. L’inizio della storia di “Papà” è estremamente realistica. Nino è un bambino che vive in una città industriale; il papà è un operaio, fa anche il sindacalista. Ma la fabbrica del papà di Nino chiude e il papà di Nino rimane senza lavoro. Decide, così, di salire in cima alla torre della più alta ciminiera per protestare. Purtroppo questo non l’ho inventato io. La crisi c’è stata; hanno chiuso le fabbriche e tanti papà, dopo aver perso il lavoro, sono saliti sulla torre. Da lì, la storia prende un andamento decisamente fantastico perché Nino ha un amico, Goffy, che dice di aver comunicato con gli alieni. Da lì parte l’avventura su una zattera, tra realtà e fantasia che si mescolano nel tentativo di spiegare un aspetto del mondo nel quale viviamo. Quando inizio un nuovo romanzo, cerco di raccontare una bella storia, ma anche qualcosa del mondo in cui viviamo, che è un mondo che a volte ci fa un po’ paura.



Il mestiere dello scrittore
Il mestiere dello scrittore è davvero un bel mestiere, divertente e soddisfacente, ma è un vero mestiere. Si dice che lo scrittore scrive perché ispirato, E’ un luogo comune davvero falsissimo. Non succede così. Questo, in genere, è ciò che fate voi quando fate il tema. Avete il foglio bianco davanti, assumete un’aria falsamente pensosa e aspettate che il tema si faccia da solo o che vi venga l’ispirazione. In realtà, il tema non si scrive da solo, siete voi a scriverlo, ovviamente. Così è per il romanzo: ci vogliono mesi, anni per scrivere un romanzo. E’ un lavoro, altro che ispirazione! Io ci impiego almeno un anno a scrivere un libro. Come ogni lavoro che si rispetti, anche quello di scrittore prevede l’uso di strumenti: si tratta delle tecniche narrative. Insomma, fare lo scrittore o fare il falegname non è molto diverso. Anche lo scrittore ha chiodi e cacciaviti che gli servono a montare e smontare le storie. Quindi, il mestiere dello scrittore si fa con gli attrezzi usati nel modo giusto per raccontare la storia. Lo scrittore fa continuamente delle scelte usando bene i suoi attrezzi, cioè le tecniche narrative.

Io leggo classici, fumetti, fantascienza, polizieschi. E ho anche voglia di scrivere di tutto. Infatti, io ho cominciato scrivendo dei romanzi polizieschi, genere che mi piace e m’intriga, e ho pubblicato anche un poliziesco. Poi un giorno mi è venuta a cercare una storia. Sapete, uno dei vantaggi del fare lo scrittore è che tu te ne stai comodamente seduto a casa tua e vengono a cercarti le storie, iniziano a tirarti per la giacca e cominciano a dirti: “Mi racconti? Dai, mi racconti?... Mi racconti?...”. Questa era la storia di Lupo Omega e mi sono accorto che era una storia pensata per voi. E da allora ci ho preso gusto e ho continuato.

A proposito di etichette: noi siamo abituati ad etichettare un libro come fantasy o giallo o avventura… I miei romanzi sono ufficialmente etichettati come romanzi per ragazzi. Io sono considerato uno scrittore per ragazzi, ma, come avrete capito, io non scrivo “romanzi per ragazzi”; me ne guardo bene! Io scrivo romanzi per degli adulti che hanno provvisoriamente dodici/tredici/quattordici anni, a cui penso di poter raccontare qualsiasi storia, anche quelle un po’ complicate”.

A questo punto, i ragazzi si fanno avanti e pongono a Francesco D’Adamo alcune domande.

Domanda: Crede nello sciopero come mezzo di protesta? Quando frequentava la scuola, partecipava agli scioperi?
Risposta: Sì, io credo fermamente nella protesta collettiva, nelle lotte per difendere i propri diritti e i diritti degli altri. Quindi, credo nelle manifestazioni, nelle proteste. Anch’io ho partecipato a tante manifestazioni e ho scritto questo libro perché negli ultimi anni ho visto e saputo di tanti papà che hanno fatto come Testadipietra per rivendicare un diritto dovuto, come quello del lavoro.  E non solo il diritto ad un lavoro… ma il diritto ad un lavoro dignitoso. Il lavoro ha una sua dignità che non può mai essere ignorata. E allora il lavoro in nero, sottopagato, precario, è un lavoro che non ha dignità. E questo diritto va rivendicato con grande forza, anche con scioperi e manifestazioni.

D.: Ci sarà una prosecuzione del romanzo?
R.: Questa è una domanda che mi fate sempre perché voi siete abituati ai sequel, ad avventure che non finiscono mai, come Guerre stellari al cinema e alle saghe fantasy nei romanzi. Io sono meno abituato di voi, tuttavia non escludo di scrivere il sequel di qualche mio romanzo. Infatti, ogni tanto mi viene voglia di andare a prendere qualche personaggio che ho creato qualche anno fa.

D.. C'è un avvenimento particolare che l'ha ispirato per questo libro?
R.: Un avvenimento in particolare no. Poiché io parto sempre dalla realtà, gli spunti per i miei libri li trovo nei giornali o vedendo delle immagini. In questo caso, c’è stato davvero tre anni fa un momento terribile dell’economia italiana. Allora mi sono chiesto: “Che cosa staranno passando i figli di quei papà che hanno perso il lavoro?”. Molti ragazzi sono passati attraverso l’esperienza drammatica del papà che perde il lavoro. Allora ho pensato alle loro paure, ai loro timori. Questi ragazzi che immagine possono avere del loro futuro? E’ ovvio che da un lato un ragazzo della vostra età non capisce il problema fino in fondo, ma prova comunque dei sentimenti molto forti e contrastanti come la paura e la vergogna.

D.: Perché ha inserito gli alieni per risolvere i problemi e non un paladino o Dio?
R.: A un certo punto sembra che la situazione sia disperata. I giornali non si occupano più della faccenda di Testadipietra. Stare a quaranta metri su una ciminiera è pericoloso. Nino vorrebbe fare qualcosa per aiutare suo padre. Ma cosa può fare un ragazzino? Apparentemente nulla. Sembra che nessuno se ne interessi. E allora viene fuori quest’idea, un po’ strana, un po’ bizzarra. Nino sa benissimo che non è vero niente, però Goffy è il suo amico del cuore e non vuole deluderlo. Poi c’è l’idea di una bellissima avventura, un viaggio di notte sulla barca, lungo il fiume, di nascosto; un’avventura straordinaria da vivere. Così Nino accetta.
D.: Lei è molto attento al tema dell’ambiente. Si è ispirato a qualche luogo particolare per descrivere il Fiume Nero e il cielo della città?
R.: In Italia ci sono tanti fiumi neri, così come acque avvelenate e cieli grigi. Purtroppo, non sempre lo sviluppo economico e lo sviluppo industriale si sono preoccupati di tutelare l’ambiente e preservare la salute. Anzi, lo sviluppo industriale in certe aree si è trasformato in aggressione all’ambiente, in malattie. Purtroppo non siamo stati né abbastanza furbi, né abbastanza lungimiranti da prevenire o impedire questo. Non a caso, l’incontro tra i nostri tre piccoli eroi e i presunti alieni avviene in un luogo simbolo, il Petrolchimico che, ormai chiuso da tanti anni, è diventato un luogo spettrale che fa paura e, dicono gli anziani del paese, ha fatto più vittime della febbre spagnola. Nella realtà, le fabbriche inquinanti uccidono quanto una guerra.

D.: Le avventure dei tre ragazzi sono basate su qualche fatto accaduto durante la sua infanzia?
R.: No, durante la mia infanzia io non ho mai viaggiato su una zattera lungo un fiume. Però l’idea l’ho ripresa da un famosissimo romanzo per ragazzi. Mark Twain, famosissimo scrittore americano, ha scritto Le avventure di Tom Sawyer e il seguito Le avventure di Huckleberry Finn. Huck fa un viaggio su una zattera lungo il grande fiume americano, il Mississippi.  Io mi sono ispirato a questo libro che ho letto da ragazzo.

D.. Cassandra Vu ha incontrato gli alieni?
R.: Mi aspettavo questa domanda… E che ne so…? Chiedetelo a Cassandra Vu. Io non lo so, non posso saperlo, esattamente come voi.
D.: Ci sono dei personaggi autobiografici nel libro?
Non faccio riferimenti autobiografici, voglio dire non ho avuto una vita così avventurosa da meritare autocitazioni, però nello stesso tempo io ci sono come persona. Ho scritto Storia di Iqbal, la storia di un bambino schiavo pakistano. Ho scritto Storia di ismael che ha attraversato il mare dove racconto la storia di un bambino africano che dal nord Africa prende una di quelle terribili carrette che vediamo tutti i giorni al Tg per venire in Italia. Se io tratto questi temi è perché li ho dentro, nella pancia. Sarei in grado di scrivere qualunque cosa, anche una saga di vampiri di otto volumi; però io preferisco raccontare le storie che avete letto perché mi rappresentano come persona. Nei miei romanzi io voglio parlare di libertà, diritti, ribellione, perché sono valori in cui credo profondamente. Quindi io ci sono nei miei romanzi, anche se non faccio riferimento alla mia vita.
I temi del libro sono l’amicizia e la solidarietà. I temi di questo festival sono gli abbracci, di cui c’è un gran bisogno. Papà sta sulla torre non è solo un romanzo sulla crisi economica, è anche la storia di una bella amicizia fra tre ragazzi che si trovano, si capiscono, si aiutano, si abbracciano e formano un legame indissolubile attraverso la confraternita della mutanda. Ognuno di loro ha un problema, come molti ragazzi. Infatti, in tutti i miei romanzi i protagonisti non sono mai degli eroi, né sono particolarmente coraggiosi. Ad eccezione di Iqbal, gli altri sono normalissimi o peggio sono imbranati, timidi e anche un po’ paurosi che però trovano il coraggio di fare le scelte giuste, un po’ alla volta… nonostante la paura, alla fine ci riescono. Sono convinto che si diventa grandi imparando a fare le scelte giuste.

D: Pensa di scrivere un film che si ispiri ai suoi libri?
Io sono un appassionato di cinema e mi piacerebbe. Vorrei fare tutto: soggetto, sceneggiatura, attore principale, musiche… vorrei fare tutto io, ma mi sa che è difficile... Dal mio romanzo Storia di Iqbal è stato ricavato un cartone animato intitolato Iqbal, bambini senza paura. Purtroppo è uscito a Natale ed è stato sommerso dai blockbuster, ma è un prodotto molto bello, di ottima qualità per quanto riguarda disegni e musiche. E’ stato presentato in occasione di molti Festival internazionali e ha vinto numerosi premi, ma purtroppo i distributori lo hanno affossato. E’ stata una bella sfida perché la storia è drammatica. Raccontare una storia così particolare attraverso un cartone animato è stata la vera sfida. Il film avrebbe meritato  ben altro.

D.: Ha avuto dei consigli da qualcuno per scrivere il libro?
No, non dei consigli. Non c’è nessuna scuola, nessun corso che possa far diventare scrittori. Può aiutare, ma non fa diventare scrittore. Si diventa scrittori in un unico modo: leggendo, leggendo, leggendo, leggendo…  a patto di leggere di tutto. Perché le tecniche narrative non le impari da un manuale, ma leggendo e imparando i trucchi del mestiere. Se si legge molto, si capisce che non esiste un solo modo per descrivere un personaggio, per esempio. Se leggete uno scrittore dell’ ’800, per esempio Balzac, grande scrittore francese, potete scoprire che lui descrive un personaggio nei minimi dettagli: ci dice tutto del personaggio. Volendo, però, un personaggio può essere descritto in due righe o, al limite, anche in due aggettivi. Io, per esempio, non descrivo i personaggi. Suggerisco qualcosa, ma lascio che siate voi a immaginarli.

D.. Lei ha mai fatto parte di una confraternita, come i personaggi del libro?
R.: Di una confraternita, no; ho avuto degli amici molto cari, però.

D.: Ha mai scritto un libro a partire da un sogno?
No, non ho mai scritto un libro a partire da un sogno fatto. Ma prima o poi mi sveglierò nel cuore della notte o alle cinque del mattino e, dopo aver fatto un sogno bellissimo, mi metterò a scrivere un romanzo. A volte i romanzi arrivano per interposte visioni. Le storie possono arrivare da qualunque parte.

D.: Si è mai identificato nei suoi personaggi?
Io tendo sempre a identificarmi nei miei personaggi. Quando scrivo, devo entrare nella storia fino alle orecchie e devo vivere la storia in prima persona. Infatti, io scrivo lentamente perché devo star dentro gli eventi e devo diventare i miei personaggi: vestire come loro, pensare come loro, vivere come loro. Questa è una delle cose più straordinarie dello scrittore; difficile, ma bella. Ogni volta lo scrittore deve diventare qualcuno di diverso da sé e ogni volta lo scrittore deve provare a vedere il mondo con occhi diversi. Se voglio rendere credibile il personaggio, devo diventare il mio personaggio. Questa è una delle cose più affascinanti dello scrivere: ogni volta devo diventare qualcun altro. Quindi fare lo scrittore è un po’ come fare l’attore. Un bravo attore riesce ad interpretare indifferentemente personaggi maschili e personaggi femminili. Lui è un attore, diventa qualsiasi cosa in un attimo. Lo stesso fa lo scrittore.  E’ un esercizio molto utile che aiuta a vedere il mondo con gli occhi degli altri. Attenzione: cerchiamo sempre di guardare il mondo dal punto di vista degli altri.


Andreina Murgia e la Classe 2^C della Scuola secondaria dell’I.C.

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