Il
12° Festival Tuttestorie di Letteratura per Ragazzi “DIPENDE DA COME MI ABBRACCI. Racconti, visioni e libri sui Legami
che ci fanno noi” si è svolto dal 5 all’8 ottobre
2017 a Cagliari. Le classi 2^A e 2^C dell’Istituto Comprensivo di Sestu hanno incontrato
lo scrittore Francesco D’Adamo, autore del libro “Papà sta sulla torre”.
Lo scrittore saluta i ragazzi e
si presenta, affrontando diversi argomenti…
La scuola
“Io faccio questo lavoro con
grande passione e divertimento perché faccio ciò che ho sempre sognato. Ho frequentato
le scuole elementari a Cremona, dove sono cresciuto, per poi trasferirmi a
Milano per l’Università. Delle scuole elementari ricordo uno straordinario
maestro a cui tuttora penso con tanto affetto perché è stata una figura molto
importante. Maestro Ugo aveva una bellissima abitudine: tutti i giorni, quando
vedeva che eravamo stanchi, nell’ultima mezz’ora ci leggeva una storia a voce
alta. Era bravissimo ad interrompersi sempre sul più bello. Così il giorno dopo
noi eravamo impazienti di tornare a scuola per conoscere la conclusione della
storia.
La magia della lettura
E’ bello sentire qualcuno che
legge per te delle storie che portano via, in altri luoghi e in altri tempi,
che fanno fare viaggi straordinari. Così mi sono innamorato delle storie e dei
libri. Dentro i libri ci sono tutte le storie del mondo. Dovete avere solo la
curiosità di andare a cercare le storie adatte a voi, quelle che, per un
qualunque motivo, vi piacciono, vi divertono, vi fanno passare un bel
pomeriggio, ridere, piangere, sognare… le storie che vi fanno il solletico. Un
bravo lettore deve essere pasticcione perché mette le mani nei libri, li tocca,
li annusa. Andate, quindi, a ficcare il naso nei libri. E se quella storia non
vi piace e vi annoia, mettete via quel libro e sceglietene un altro. Non c’è
mai l’obbligo di leggere un libro. Non ci sono né libri obbligatori né libri
proibiti: leggete quello che vi piace. Da tutto ciò è nata la mia voglia di
raccontare delle storie agli altri. Lì è nata la mia voglia di diventare
scrittore.
“Papà sta sulla torre”
Come avete potuto notare leggendo
“Papà sta sulla torre”, io scrivo libri un po’ particolari. D’altronde, ogni
scrittore scrive le storie che lo rappresentano. Io amo partire sempre dalla
realtà nella quale viviamo. Quindi, trovo le mie storie oltre che nella mia
testa anche nei giornali o in tv. L’inizio della storia di “Papà” è
estremamente realistica. Nino è un bambino che vive in una città industriale;
il papà è un operaio, fa anche il sindacalista. Ma la fabbrica del papà di Nino
chiude e il papà di Nino rimane senza lavoro. Decide, così, di salire in cima
alla torre della più alta ciminiera per protestare. Purtroppo questo non l’ho
inventato io. La crisi c’è stata; hanno chiuso le fabbriche e tanti papà, dopo
aver perso il lavoro, sono saliti sulla torre. Da lì, la storia prende un
andamento decisamente fantastico perché Nino ha un amico, Goffy, che dice di
aver comunicato con gli alieni. Da lì parte l’avventura su una zattera, tra
realtà e fantasia che si mescolano nel tentativo di spiegare un aspetto del
mondo nel quale viviamo. Quando inizio un nuovo romanzo, cerco di raccontare
una bella storia, ma anche qualcosa del mondo in cui viviamo, che è un mondo
che a volte ci fa un po’ paura.
Il mestiere dello scrittore
Il mestiere dello scrittore è
davvero un bel mestiere, divertente e soddisfacente, ma è un vero mestiere. Si
dice che lo scrittore scrive perché ispirato, E’ un luogo comune davvero
falsissimo. Non succede così. Questo, in genere, è ciò che fate voi quando fate
il tema. Avete il foglio bianco davanti, assumete un’aria falsamente pensosa e
aspettate che il tema si faccia da solo o che vi venga l’ispirazione. In
realtà, il tema non si scrive da solo, siete voi a scriverlo, ovviamente. Così
è per il romanzo: ci vogliono mesi, anni per scrivere un romanzo. E’ un lavoro,
altro che ispirazione! Io ci impiego almeno un anno a scrivere un libro. Come
ogni lavoro che si rispetti, anche quello di scrittore prevede l’uso di
strumenti: si tratta delle tecniche narrative. Insomma, fare lo scrittore o
fare il falegname non è molto diverso. Anche lo scrittore ha chiodi e cacciaviti
che gli servono a montare e smontare le storie. Quindi, il mestiere dello
scrittore si fa con gli attrezzi usati nel modo giusto per raccontare la
storia. Lo scrittore fa continuamente delle scelte usando bene i suoi attrezzi,
cioè le tecniche narrative.
Io leggo classici, fumetti,
fantascienza, polizieschi. E ho anche voglia di scrivere di tutto. Infatti, io
ho cominciato scrivendo dei romanzi polizieschi, genere che mi piace e
m’intriga, e ho pubblicato anche un poliziesco. Poi un giorno mi è venuta a
cercare una storia. Sapete, uno dei vantaggi del fare lo scrittore è che tu te
ne stai comodamente seduto a casa tua e vengono a cercarti le storie, iniziano
a tirarti per la giacca e cominciano a dirti: “Mi racconti? Dai, mi
racconti?... Mi racconti?...”. Questa era la storia di Lupo Omega e mi sono
accorto che era una storia pensata per voi. E da allora ci ho preso gusto e ho
continuato.
A proposito di etichette: noi
siamo abituati ad etichettare un libro come fantasy o giallo o avventura… I
miei romanzi sono ufficialmente etichettati come romanzi per ragazzi. Io sono
considerato uno scrittore per ragazzi, ma, come avrete capito, io non scrivo
“romanzi per ragazzi”; me ne guardo bene! Io scrivo romanzi per degli adulti
che hanno provvisoriamente dodici/tredici/quattordici anni, a cui penso di
poter raccontare qualsiasi storia, anche quelle un po’ complicate”.
A questo punto, i ragazzi si
fanno avanti e pongono a Francesco D’Adamo alcune domande.
Domanda: Crede nello sciopero come mezzo di
protesta? Quando frequentava la scuola, partecipava agli scioperi?
Risposta: Sì,
io credo fermamente nella protesta collettiva, nelle lotte per difendere i
propri diritti e i diritti degli altri. Quindi, credo nelle manifestazioni,
nelle proteste. Anch’io ho partecipato a tante manifestazioni e ho scritto
questo libro perché negli ultimi anni ho visto e saputo di tanti papà che hanno
fatto come Testadipietra per
rivendicare un diritto dovuto, come quello del lavoro. E non solo il diritto ad un lavoro… ma il
diritto ad un lavoro dignitoso. Il lavoro ha una sua dignità che non può mai
essere ignorata. E allora il lavoro in nero, sottopagato, precario, è un lavoro
che non ha dignità. E questo diritto va rivendicato con grande forza, anche con
scioperi e manifestazioni.
D.: Ci sarà una prosecuzione del romanzo?
R.: Questa è
una domanda che mi fate sempre perché voi siete abituati ai sequel, ad avventure che non finiscono
mai, come Guerre stellari al cinema e
alle saghe fantasy nei romanzi. Io
sono meno abituato di voi, tuttavia non escludo di scrivere il sequel di qualche mio romanzo. Infatti,
ogni tanto mi viene voglia di andare a prendere qualche personaggio che ho
creato qualche anno fa.
D.. C'è un avvenimento particolare che l'ha
ispirato per questo libro?
R.: Un
avvenimento in particolare no. Poiché io parto sempre dalla realtà, gli spunti
per i miei libri li trovo nei giornali o vedendo delle immagini. In questo
caso, c’è stato davvero tre anni fa un momento terribile dell’economia
italiana. Allora mi sono chiesto: “Che cosa staranno passando i figli di quei
papà che hanno perso il lavoro?”. Molti ragazzi sono passati attraverso
l’esperienza drammatica del papà che perde il lavoro. Allora ho pensato alle
loro paure, ai loro timori. Questi ragazzi che immagine possono avere del loro
futuro? E’ ovvio che da un lato un ragazzo della vostra età non capisce il
problema fino in fondo, ma prova comunque dei sentimenti molto forti e
contrastanti come la paura e la vergogna.
D.: Perché ha inserito gli alieni per risolvere i problemi e non un
paladino o Dio?
R.: A un certo punto sembra che
la situazione sia disperata. I giornali non si occupano più della faccenda di Testadipietra. Stare a quaranta metri su
una ciminiera è pericoloso. Nino vorrebbe fare qualcosa per aiutare suo padre.
Ma cosa può fare un ragazzino? Apparentemente nulla. Sembra che nessuno se ne
interessi. E allora viene fuori quest’idea, un po’ strana, un po’ bizzarra.
Nino sa benissimo che non è vero niente, però Goffy è il suo amico del cuore e
non vuole deluderlo. Poi c’è l’idea di una bellissima avventura, un viaggio di
notte sulla barca, lungo il fiume, di nascosto; un’avventura straordinaria da
vivere. Così Nino accetta.
D.: Lei è molto attento al tema dell’ambiente. Si
è ispirato a qualche luogo particolare per descrivere il Fiume Nero e il cielo
della città?
R.: In Italia ci sono tanti fiumi
neri, così come acque avvelenate e cieli grigi. Purtroppo, non sempre lo
sviluppo economico e lo sviluppo industriale si sono preoccupati di tutelare
l’ambiente e preservare la salute. Anzi, lo sviluppo industriale in certe aree
si è trasformato in aggressione all’ambiente, in malattie. Purtroppo non siamo
stati né abbastanza furbi, né abbastanza lungimiranti da prevenire o impedire
questo. Non a caso, l’incontro tra i nostri tre piccoli eroi e i presunti
alieni avviene in un luogo simbolo, il Petrolchimico che, ormai chiuso da tanti
anni, è diventato un luogo spettrale che fa paura e, dicono gli anziani del
paese, ha fatto più vittime della febbre spagnola. Nella realtà, le fabbriche
inquinanti uccidono quanto una guerra.
D.: Le avventure dei tre ragazzi sono basate su qualche fatto accaduto
durante la sua infanzia?
R.: No, durante la mia infanzia
io non ho mai viaggiato su una zattera lungo un fiume. Però l’idea l’ho ripresa
da un famosissimo romanzo per ragazzi. Mark Twain, famosissimo scrittore
americano, ha scritto Le avventure di Tom
Sawyer e il seguito Le avventure di Huckleberry
Finn. Huck fa un viaggio su una zattera lungo il grande fiume
americano, il Mississippi. Io mi sono
ispirato a questo libro che ho letto da ragazzo.
D.. Cassandra Vu ha incontrato gli alieni?
R.: Mi aspettavo questa domanda…
E che ne so…? Chiedetelo a Cassandra Vu. Io non lo so, non posso saperlo,
esattamente come voi.
D.: Ci sono dei personaggi autobiografici nel
libro?
Non faccio riferimenti
autobiografici, voglio dire non ho avuto una vita così avventurosa da meritare
autocitazioni, però nello stesso tempo io ci sono come persona. Ho scritto Storia di Iqbal, la storia di un bambino
schiavo pakistano. Ho scritto Storia di
ismael che ha attraversato il mare dove racconto la storia di un bambino
africano che dal nord Africa prende una di quelle terribili carrette che
vediamo tutti i giorni al Tg per venire in Italia. Se io tratto questi temi è
perché li ho dentro, nella pancia. Sarei in grado di scrivere qualunque cosa,
anche una saga di vampiri di otto volumi; però io preferisco raccontare le
storie che avete letto perché mi rappresentano come persona. Nei miei romanzi
io voglio parlare di libertà, diritti, ribellione, perché sono valori in cui
credo profondamente. Quindi io ci sono nei miei romanzi, anche se non faccio
riferimento alla mia vita.
I temi del libro sono l’amicizia
e la solidarietà. I temi di questo festival sono gli abbracci, di cui c’è un
gran bisogno. Papà sta sulla torre
non è solo un romanzo sulla crisi economica, è anche la storia di una bella
amicizia fra tre ragazzi che si trovano, si capiscono, si aiutano, si
abbracciano e formano un legame indissolubile attraverso la confraternita della mutanda. Ognuno di
loro ha un problema, come molti ragazzi. Infatti, in tutti i miei romanzi i
protagonisti non sono mai degli eroi, né sono particolarmente coraggiosi. Ad
eccezione di Iqbal, gli altri sono normalissimi o peggio sono imbranati, timidi
e anche un po’ paurosi che però trovano il coraggio di fare le scelte giuste,
un po’ alla volta… nonostante la paura, alla fine ci riescono. Sono convinto
che si diventa grandi imparando a fare le scelte giuste.
D: Pensa di scrivere un film che si ispiri ai suoi libri?
Io sono un appassionato di cinema
e mi piacerebbe. Vorrei fare tutto: soggetto, sceneggiatura, attore principale,
musiche… vorrei fare tutto io, ma mi sa che è difficile... Dal mio romanzo Storia di Iqbal è stato ricavato un
cartone animato intitolato Iqbal, bambini senza paura. Purtroppo è uscito
a Natale ed è stato sommerso dai blockbuster,
ma è un prodotto molto bello, di ottima qualità per quanto riguarda disegni e
musiche. E’ stato presentato in occasione di molti Festival internazionali e ha
vinto numerosi premi, ma purtroppo i distributori lo hanno affossato. E’ stata
una bella sfida perché la storia è drammatica. Raccontare una storia così
particolare attraverso un cartone animato è stata la vera sfida. Il film
avrebbe meritato ben altro.
D.: Ha avuto dei consigli da qualcuno per scrivere il libro?
No, non dei consigli. Non c’è
nessuna scuola, nessun corso che possa far diventare scrittori. Può aiutare, ma
non fa diventare scrittore. Si diventa scrittori in un unico modo: leggendo,
leggendo, leggendo, leggendo… a patto di
leggere di tutto. Perché le tecniche narrative non le impari da un manuale, ma
leggendo e imparando i trucchi del mestiere. Se si legge molto, si capisce che
non esiste un solo modo per descrivere un personaggio, per esempio. Se leggete
uno scrittore dell’ ’800, per esempio Balzac, grande scrittore francese, potete
scoprire che lui descrive un personaggio nei minimi dettagli: ci dice tutto del
personaggio. Volendo, però, un personaggio può essere descritto in due righe o,
al limite, anche in due aggettivi. Io, per esempio, non descrivo i personaggi.
Suggerisco qualcosa, ma lascio che siate voi a immaginarli.
D.. Lei ha mai fatto parte di una confraternita, come i personaggi del
libro?
R.: Di una confraternita, no; ho
avuto degli amici molto cari, però.
D.: Ha mai scritto un libro a partire da un
sogno?
No, non ho mai scritto un libro a
partire da un sogno fatto. Ma prima o poi mi sveglierò nel cuore della notte o
alle cinque del mattino e, dopo aver fatto un sogno bellissimo, mi metterò a
scrivere un romanzo. A volte i romanzi arrivano per interposte visioni. Le
storie possono arrivare da qualunque parte.
D.: Si è mai identificato nei suoi personaggi?
Io tendo sempre a identificarmi
nei miei personaggi. Quando scrivo, devo entrare nella storia fino alle
orecchie e devo vivere la storia in prima persona. Infatti, io scrivo
lentamente perché devo star dentro gli eventi e devo diventare i miei
personaggi: vestire come loro, pensare come loro, vivere come loro. Questa è
una delle cose più straordinarie dello scrittore; difficile, ma bella. Ogni
volta lo scrittore deve diventare qualcuno di diverso da sé e ogni volta lo
scrittore deve provare a vedere il mondo con occhi diversi. Se voglio rendere
credibile il personaggio, devo diventare il mio personaggio. Questa è una delle
cose più affascinanti dello scrivere: ogni volta devo diventare qualcun altro.
Quindi fare lo scrittore è un po’ come fare l’attore. Un bravo attore riesce ad
interpretare indifferentemente personaggi maschili e personaggi femminili. Lui
è un attore, diventa qualsiasi cosa in un attimo. Lo stesso fa lo
scrittore. E’ un esercizio molto utile
che aiuta a vedere il mondo con gli occhi degli altri. Attenzione: cerchiamo
sempre di guardare il mondo dal punto di vista degli altri.
Andreina Murgia e la Classe 2^C
della Scuola secondaria dell’I.C.
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