mercoledì 7 marzo 2018

Casa Ofelia - Fordongiasnus, Gita scolastica delle classi 2^C e 2^A, di Sara Tinti, Classe 2^C (Scuola secondaria di Primo grado) e Andreina Murgia

L’ambiente d’ingresso della casa era la stanza più importante perché da qui si aprivano le porte che permettevano di raggiungere due camere (probabilmente le due camere da letto), la cucina, gli altri ambienti e, infine, l’orto. Una porta particolarissima, realizzata su un angolo, permetteva di risparmiare spazio. Questa, quindi, era una stanza molto importante e ciò è confermato dalla particolare lavorazione del frontalino del portone d’ingresso che presenta doppie basi, doppie colonne, doppi capitelli, quando, solitamente, negli ingressi se ne trova sempre solo uno.
Un elemento importante che troviamo nella casa sono gli armadi a muro. I mobili erano davvero pochi (cassapanche, letti) ma i muri erano molto spessi, quindi si ricavavano da questi degli spazi dove riporre gli oggetti. Alcuni armadi a muro della casa sono particolarmente belli perché decorati con losanghe e punte di diamante. Anche se l’armadio non c’è più, si capisce che prima era chiuso con delle piccole ante in legno.
Un altro elemento di decoro si trova nel camino perché questo non è stato costruito in origine per riscaldare, ma come elemento d’arredo. Non a caso, si trova nella stanza più importante, perché è la stanza d’ingresso. Il camino è molto alto e poco profondo, per cui chi ha abitato la casa in seguito ha acceso il camino che però, essendo troppo alto, non ha impedito la fuoriuscita del fumo: così, vari elementi risultano anneriti, come l’armadio, lo stesso camino nella parte alta, la porta.

Da qui si raggiungono le due stanze che danno sul porticato e hanno la particolarità di avere delle finestre molto grandi.
Questo è un elemento molto inusuale, perché solitamente nelle case sarde si trovano delle finestre molto piccole. Nel portico troviamo anche dei sedili in pietra, elemento molto più tipico dei castelli medievali; questi permettevano alle signore di poter cucire o filare, stando sedute fuori al fresco nella bella stagione, e usufruendo della molta luce che arrivava. In inverno, invece, la grande finestra permetteva di vedere ciò che succedeva fuori, quando, per le condizioni atmosferiche, non ci si poteva sedere all’esterno. A decoro della stanza, pannelli odierni che raccontano la storia romana di Fordongianus, come le terme. 
Da notare, l’assenza di un corridoio che avrebbe potuto permettere di andare di stanza in stanza. Per arrivare all’ultima stanza, occorre percorrerle tutte. Ancora un elemento di tipologia abitativa del Sud Sardegna: la mancanza del corridoio o disimpegno e le stanze quindi comunicanti.
Per quanto riguarda gli infissi, questi sono opera del recente restauro degli anni ‘80. Al contrario delle nostre finestre, che si aprono e si chiudono con una maniglia, queste presentano degli uncini; il chiodo faceva da perno: in questo modo, si aprivano e si chiudevano senza maniglia, ma semplicemente con una sbarra. Le finestre che davano sul porticato avevano, quindi, un antifurto: cioè le sbarre. In tal modo, chi abitava la casa aveva la certezza che i ladri non potessero entrare.
Poco oltre si trova la cucina. In origine era più grande e c’era un unico grande ambiente. Anche qui si trovano degli armadi. Essendo una cucina, possiamo immaginare una dispensa. C’è anche un luogo dove venivano riposte le brocche con l’acqua. L’acqua, proveniente dal pozzo o dalla fontana, poi veniva tenuta in casa in un luogo ben specifico: solitamente, era un luogo esposto al nord; in questo modo l’acqua poteva mantenersi più fresca. Il muro spesso ha consentito la costruzione di un altro camino, più basso, più profondo, più adatto ad essere acceso rispetto a quello che si trova all’ingresso.
Qui è rimasto l’infisso più antico, totalmente originale: si tratta di una finestra col suo spioncino, dalla forma particolare a fiamma o arco inflesso. È particolare perché presenta una cura del dettaglio notevole. Altro particolare importante è l’apertura a scorrimento, elemento modernissimo perché lo spioncino non si apriva con le cerniere, come la finestra. Ciò permetteva di vedere ciò che succedeva nella stalla.
Si arriva all’ultima stanza. Gli elementi decorativi sono sempre gli stessi, tra cui i capitelli con la stessa lavorazione, per esempio, la rosellina sotto la fiamma. Probabilmente questi ambienti erano delle camere da letto.

A differenza dell’altro lato della casa, il soffitto è più basso e ciò permette di vedere la lavorazione delle canne: in questa zona della Sardegna si usavano non solo le canne intere, ma anche questo sistema più classico per il Campidano di Oristano, cioè le canne intrecciate con cui si usava rivestire i soffitti. Un’altra differenza si trova nelle finestre perché, se dall’altro lato della casa erano molto grandi perché c’era il portico a proteggerle, qui invece le finestrelle sono piccole: sono le classiche finestre delle case sarde.
Nella parte esterna, l’orto conduce alla stalla. La casa è stata abitata fino al 1978, non dai proprietari, ma da affittuari. Quindi, nel momento in cui questa casa è stata data in affitto, probabilmente alla fine dell’ ‘800, gli arredi sono stati portati via: ecco perché la casa è spoglia. Ed ecco perché nella ex stalla non ci sono più gli attrezzi autentici, ma il carro dei primi del ‘900, il dissuasore per colombi, una macina per il grano, l'erpice, l'aratro... sono tutti più recenti.

All'esterno, ancora una volta, si può osservare l’uso delle canne intere, sa cannizzara, mentre s'orriu era destinato esclusivamente all'interno.

Si chiama S’ORRIU il tappeto di canne schiacciate e intrecciate che si svolge immediatamente sopra i travetti e che perciò rimane a vista. Oggigiorno viene sostituito dal tavolato o dalla soletta in cemento …. Di solito lo mettevano nelle case più ricche … oltre che fare da rifinitura aiutava a tenere lontani gli animaletti, la polvere o pezzi di calce che si potevano infiltrare dal tetto rendendo la casa più comoda e pulita. http://ainhoainsardinya.altervista.org/?tag=orriu&lang=en
Testo raccolto da Sara Tinti, Classe 2^C (Scuola secondaria di Primo grado) e Andreina Murgia




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