martedì 12 giugno 2018

Un sacchetto di biglie, Elisa Lai e Lisa Manunza, Classe 3^F, Scuola secondaria di Primo grado

Guardare un film e contemporaneamente imparare qualcosa si può fare e le classi terze dell' I.C. Sestu lo hanno fatto quando hanno visto il film "Un sacchetto di biglie", tratto dalla storia vera di due fratelli ebrei parigini, Joseph e Maurice, costretti dall'occupazione nazista a scappare per non essere deportati nei campi di concentramento e sterminio.
I due fratelli intraprendono un'avventura ricca di esperienze spiacevoli e non.
Nel 1942, quando Parigi viene occupata dai nazisti, e vengono introdotte le leggi razziali, Joseph e Maurice scappano a Nizza dove precedentemente si sono già rifugiati i fratelli maggiori. I due fratelli, prima di partire, vengono muniti dalla madre di un foglietto con su scritte tutte le fermate per arrivare a Nizza senza farsi scoprire dai nazisti. Come prima tappa, salgono su un treno che porta, appunto, a Nizza, e lì passano una notte. Il mattino seguente i nazisti salgono sul treno. I due fratelli si salvano grazie a un prete cattolico che dice ai soldati che i due bimbi sono  con lui.
Col loro arrivo a Nizza, la famiglia finalmente si riunisce e trascorre un periodo di calma di tre mesi, fino a quando, il 25 luglio 1943, data dell'arresto di Mussolini, la situazione in Italia cambia, perché alla fine il re si pone al fianco degli angloamericani nella guerra contro i tedeschi.    
Infatti, il 10 luglio 1943 gli alleati sbarcano in Sicilia. Gli eserciti non incontrano difficoltà nella conquista dell’isola a causa della debolezza delle truppe italiane che, stanche di combattere, si arrendono al nemico. I tedeschi, impegnati sul fronte russo, non intervengono immediatamente  in quanto non sono in grado di spostare le forze nel Mediterraneo.
La famiglia è costretta a fuggire nuovamente perché, in seguito all’arresto di Mussolini, la presenza del contingente italiano a Nizza viene sostituito con i nazisti e, in seguito alla liberazione di Mussolini, il Nord Italia è occupato dai nazisti che creano la Repubblica di Salò.     
Fino a quel momento, la famiglia di Joseph e Maurice ha potuto vivere tranquillamente, ma con l’arrivo dei tedeschi i rischi aumentano. Dei soldati comunicano al padre di Joseph e Maurice che per proteggerli al meglio li dovrebbe mandare in un campo di addestramento e di lavoro; prima di partire e di separarsi nuovamente dalla famiglia, i due fratelli vengono muniti di documenti falsi  per nascondere la loro origine. Lì conoscono un ragazzo algerino, inventano una storia diversa da quella che è realmente la loro vita, perché vogliono andare a visitare la famiglia che non vedono da tanto; a fare ciò li aiuta Ferdinand, l' "aggiustatutto" del campo per non ebrei; prima di arrivare in città, Ferdinand fa una piccola sosta, scende dal camion e dice a Maurice  e Joseph di non scendere.
Passano svariati minuti, Ferdinad non si fa vivo e i due fratelli decidono di andare a cercarlo. Entrano in una struttura dove vengono storditi e poi catturati dai nazisti che in seguito li portano in un centro di smistamento per ebrei per mandarli nei campi di lavoro e di sterminio. Joseph e Murice rimangono lì per due settimane, raccontano che sono algerini e che sono stati battezzati in una chiesa lì vicino. Per avere la conferma di ciò, i soldati nazisti decidono di voler vedere i certificati di battesimo e gli dicono che hanno solo due settimane di tempo per portarglieli.
Maurice chiede aiuto a un prete che fa dei certificati falsi e va con lui al centro di smistamento. Dopo essersi accertati dei certificati di battesimo, vengono anche visitati da un medico che, pur sapendo che loro due sono ebrei, li lascia andare via.
Per metterli in sicurezza, il prete li riporta al campo per non ebrei.
Dopo un po' di tempo, i due ragazzi vanno via dal campo e si rifugiano in Alta Savoia dove trovano lavoro sotto copertura: Joseph lavora per un librario antisemita, collaborazionista, padre di famiglia e uomo impegnato politicamente,che, ovviamente, non sa che lui è ebreo; Maurice trova lavoro in un ristorante di antinazisti, i maquis.
Quando Parigi viene liberata, il 25 agosto del 1944, i due fratelli tornano a casa dal resto della famiglia, ma trovano una spiacevole notizia: il padre era stato arrestato e ucciso in un campo di sterminio.
Oggi i due fratelli sono ancora vivi, ma di loro non si è più saputo molto.

Joseph Joffo è nato nel 1931 a Parigi. Dopo che lui e il resto della famiglia sono sopravvissuti all'Olocausto e al regime nazista, decide di scrivere un libro intitolato "Un sacchetto di biglie", dove descrive tutta la sua esperienza condivisa con il fratello; Joseph e Maurice, vivi tutt'ora, continuano la tradizione di famiglia, ossia lavorano in una barberia insieme ai loro figli e nipoti.
La storia di Joseph e Maurice è molto sofferta, ma allo stesso tempo bella e commovente, perché sopravvivere alle durissime leggi razziali, che imponevano ordinanze assurde agli ebrei, è stata una "sfida", perché è spaventoso pensare di stare così lontani dalla propria famiglia, sapendo che solo un minimo sbaglio o una confidenza alla persona sbagliata potrebbe portare alla morte.
Pensiamo che degli avvenimenti così non debbano essere mai più ripetuti.
Tuttavia, la storia è stata scritta dagli uomini e gli uomini non la possono cancellare perché tutto questo, ed altro ancora, è stato e, se dimentichiamo, sarà di nuovo una vergogna per tutto il genere umano.

Come ha detto Primo Levi “La storia è fatta dei passi dell’uomo, ricordarne le cadute serve a rimanere in piedi”.
Purtroppo ci sono ancora persone fasciste, naziste, razziste e questo non è un bene per l'umanità perché il solo pensiero che una situazione come l'Olocausto si possa ripetere fa venire i brividi.
Nel film ritroviamo un pezzo della storia della Seconda Guerra Mondiale, vissuto in prima persona da due ragazzi piccoli che hanno dovuto arrangiarsi come meglio potevano e specialmente in condizioni di grande disagio. Inoltre, abbiamo potuto vedere come venivano trattati gli ebrei e in che condizioni erano costretti a vivere, tutti gli accertamenti per non essere portati nei campi di sterminio, la lontananza dalla propria famiglia, il tentativo di scappare e ricostruire da capo la propria vita.
Ci siamo immedesimate nei personaggi e avremmo agito nello stesso modo, anche se non avremmo lasciato un fratello più piccolo a Parigi. Saremmo state più attente agli atteggiamenti e alle informazioni date alle persone, perché in quel periodo non ci si poteva fidare di nessuno.
Il messaggio del film è un invito a non arrendersi mai quali che siano le circostanze, nel caso dei due fratelli sono molto dure ma l’amore per la famiglia e per la vita li ha sorretti e ha fatto instaurare tra loro un rapporto di fratellanza molto più forte di quello che avevano prima. Il film, inoltre, fa capire alle persone che siamo tutti uguali e non ci sono “razze” che ci distinguano gli uni dagli altri. Il messaggio è tanto più importante perché  lo sguardo non è quello di un adulto, ma di un bambino che improvvisamente si trova immerso in una tragedia di cui non conosce le dinamiche e le cause, ma di cui è costretto a subire le conseguenze.


Elisa Lai e Lisa Manunza, Classe 3^F, Scuola secondaria di Primo grado

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