Festival Tuttestorie 2018/2019 - Incontro con Francoise
Dargent
Mi sono detta, e forse ve lo sarete chiesti anche voi:
perché scrivere un libro su un uomo che è morto 25 anni fa? In realtà, per me
non è semplicemente una persona del passato, ma si è trattato di riscoprire un
eterno adolescente che ha fatto di tutto per diventare ballerino e che ha
trascorso la sua vita con l'obiettivo di riuscire ad essere il più grande
ballerino del mondo. E così, scrivendo il libro, ho pensato a voi perché per
voi, ora, comincia proprio un'età in cui iniziate a riempire i cassetti di
tanti sogni, come ha fatto Rudi. E io vi auguro che possiate realizzare i vostri
sogni.
Domanda: Quando ha pensato di lavorare a questo libro?
Risposta: In effetti, io ci penso da sempre perché sono sempre
stata interessata a questo personaggio. Poi è successo che circa sei anni fa ne
ho parlato con il mio editore e ho iniziato a scrivere il libro.
D.: Le critiche all'Unione Sovietica sono pensieri di
Rudi o gliele ha attribuite lei?
R.: Quando lui ha lasciato l'Unione Sovietica, ha
espresso i suoi pensieri critici, ma non posso dire che quando viveva lì l'abbia
fatto realmente. Dalle interviste che in seguito ha rilasciato, si percepisce
quale fosse il suo atteggiamento, ma non si può affermare che quando ha vissuto
in Unione Sovietica abbia mai espresso queste opinioni. All'epoca tutti i
ragazzi dell’età di Rudi erano obbligati ad iscriversi ai Pionieri e al Komsomol,
una sorta di regimentazione obbligatoria; in questo, Rudi ha voluto mantenere
una sorta di autonomia, di distacco da questa situazione, non partecipando agli
incontri, ma questo era un caso del tutto eccezionale.
D.: Che cosa l’ha colpita di più della vita di Rudi?
R.: È stato il suo modo di battersi fino al momento in
cui ha deciso di rimanere in Occidente, perché lui decide di diventare
ballerino, quindi comincia a prendere lezioni e ogni volta sembra che ci siano
degli ostacoli che non riuscirà a superare. Poi, però ogni volta ce la fa,
anche se deve affrontare la prova successiva. Mentre scrivevo, mi sono
documentata molto su questo periodo e posso affermare che, in fondo, anche in
una situazione estremamente ostile si può riuscire a fare quello che si
desidera.
D.: Ha mai visitato i luoghi dove Rudi ha vissuto?
R.: Non sono mai stata ad Ufa, però ho visto Leningrado, che
oggi si chiama San Pietroburgo. E’ sicuramente cambiata molto rispetto
all'epoca in cui Nureyev ha vissuto. In più, mi sono documentata attraverso dei
video dell'epoca.
D.: Secondo lei, Rudolf Nureyev può essere considerato un
rivoluzionario? Se sì, perché?
R.: “Rivoluzionario” in che senso?
D:. “Rivoluzionario” nel senso che ha cambiato il mondo
della danza perché con lui i ruoli maschili sono diventati principali.
R.: Sì, questo è successo, in un periodo che, però, non corrisponde
a quello raccontato nel libro, ma un periodo della vita successivo della vita
di Rudolf Nureyev. Lui ha avuto proprio questo ruolo: è riuscito a portare in
primo piano il ruolo del ballerino rispetto ad un periodo in cui erano sempre
le donne ad avere il ruolo di étoile. Infatti, lui, come avrete capito anche
dal libro, voleva stare al centro della scena e per questo faceva in modo che
il ballerino non fosse soltanto colui che portava la ballerina in giro sulla
scena. Si trova conferma di ciò perché all'Opera di Parigi ci sono ancora in
cartellone delle sue coreografie in cui è riservata la parte di bravura al
ballerino che può esibirsi in pirouette e jetée.
D.: Pensa che il fatto che Rudolf Nureyev fosse
omosessuale abbia determinato la sua decisione di restare in Francia?
R.: Non saprei, perché lui non ne ha mai parlato
apertamente all'epoca in cui aveva deciso di restare in Francia; l'unica cosa
importante per lui era poter ballare. È vero anche, però, che all'epoca gli
omosessuali in Unione Sovietica venivano puniti e si rischiava addirittura di
essere mandati al confino. Nel mondo del balletto in Unione Sovietica, inoltre,
c'erano diversi danzatori omosessuali. Comunque, lui non ne ha mai parlato
apertamente perché la sua decisione di restare in Occidente è stata più che
altro dettata dalla sua decisione di diventare ballerino e di avere successo
come tale in Occidente. Nureyev ha fatto di tutto per perseguire i suoi sogni.
D.: Lei pensa che anche noi dovremmo fare così?
R.: Io penso che sia molto importante tener fede ai
propri sogni. Per quanto fosse molto talentuoso,
Nureyev ha iniziato a danzare tardi per cui si è dovuto allenare
veramente moltissimo. E pur essendo un bravissimo ballerino, fino in età
avanzata ha continuato a prepararsi ogni giorno, trascorrendo ore alla
sbarra. Il talento talvolta non è sufficiente: bisogna lavorare moltissimo.
D.: Secondo lei ancora oggi in Russia la libertà è molto limitata?
R.: Nel momento in cui Rudolf Nureyev è andato via dall' Unione
Sovietica le libertà erano molto limitate. In seguito c'è stata un'apertura
negli anni ’90. Purtroppo, però, da una decina d'anni in Russia le libertà sono
di nuovo limitate ed è difficile esprimere un'opinione che sia contraria a
quella del premier Putin. Ciò riguarda non sono gli oppositori politici: è un
problema più generale di espressione del proprio pensiero. Vi faccio un
esempio: quest'anno un regista ha voluto mettere in scena proprio la storia di
Rudolf Nureyev, ma, dato che era un artista che aveva lasciato l’Unione
Sovietica e visto che si parlava sia dell'abbandono della Russia che della sua
omosessualità, in Russia è stato è stato vietato. E ancora: nel caso della
letteratura per l'adolescenza e l'infanzia, certi libri non vengono pubblicati
se parlano di omosessualità.
D.:
Secondo
lei, se Rudi fosse nato in tempi più vicini a noi, sarebbe rimasto in Russia,
oppure avrebbe chiesto comunque asilo politico in Francia?
R.: Probabilmente se fosse vissuto in questa epoca sarebbe rimasto.
Oggi gli artisti possono lavorare più tranquillamente in Russia. E anche voi
l'avete sicuramente notato perché in Italia ci sono spesso degli spettacoli di
compagnie di balletto russe. Quindi, anche per loro è più facile uscire dal
loro paese per recarsi da noi.
D.: Qual è il personaggio del libro che lei
preferisce?
R.: Mi sono piaciuti molto diversi personaggi che non conoscevo e
che ho conosciuto scrivendo il libro. Mi è piaciuta molto Menia che ho avuto la
possibilità di incontrare. Oggi Menia è una signora anziana di 75 anni che dà ancora lezioni di danza a Bruxelles.
Lei ha voluto mostrarmi le foto con Nureyev e raccontarmi la sua storia con
lui, quando lei era una giovane studentessa. E nonostante siano passati tanti
anni, è ancora una bellissima donna. Vi dirò di più: io avevo la sensazione di
avere davanti ancora l'adolescente che mi parlava del suo innamoramento per
Nureyev. Dunque Menia è il personaggio che ho amato di più. Oltre a lei, ho
amato molto anche le prime due insegnanti di Nureyev.
D.: Quale genere letterario preferisce e qual è il suo libro
preferito?
R.: Io leggo un po' di tutto. A me piacciono le storie molto
romanzate. Quando avevo la vostra età, ricordo di essere rimasta molto colpita
da un romanzo di Jack London, Martin Eden,
che narra la storia di un ragazzo dal carattere simile a quello di Rudi. Martin
è molto povero, e cerca, anche lui, di riscattarsi. Comunque, ripeto, non c'era
un solo genere che mi piacesse leggere.
D.: Quali sono le sue passioni oltre a scrivere?
R.: Mi piace molto cucinare e leggere. Quando ero giovane, mi
piaceva molto anche la danza. Oggi, se devo dire quali sono le mie occupazioni
preferite, confermo che sono leggere, scrivere e cucinare.
D.: Le piace la danza?
R.: Sì, mi piace la danza. Però io avrei scritto il libro, credo,
anche se Rudi non fosse stato un ballerino perché quello che mi interessava
raccontare è il suo percorso. Ed è vero anche che, quando ho scritto il libro,
alcuni mi hanno fatto osservare che un libro su un ballerino e sulla danza
sarebbe piaciuto solo alle ragazze, perché purtroppo ci sono queste idee
preconcette su cosa piace ai ragazzi e cosa alle ragazze. Tuttavia, io ho
sempre risposto così: “Io non scriverò un libro su un ballerino, ma scriverò un
libro su un adolescente che sogna di diventare un grande ballerino”.
D.: Visto che nella nostra scuola esiste la redazione del giornalino,
L'Occhiolino, ci piacerebbe sapere
qualcosa sulla sua esperienza di lavoro come giornalista per i grandi
quotidiani.
R.: Il lavoro di giornalista è un lavoro che faccio per passione
così come Nureyev ha fatto il ballerino per passione. E quando avevo la vostra
età, ero molto curiosa e mi interessavo al mondo che mi circondava. Quando si è
giornalisti, bisogna interessarsi a tante cose. E bisogna farsi domande,
bisogna chiedersi perché le esistono. Penso che sia importante che ci siano dei
giovani giornalisti come voi, e forse lo sceglierete come lavoro. E’ importante
andare a fondo nella ricerca delle informazioni perché, come avete potuto
constatare anche voi quando mi avete parlato della ricerca che avete fatto su
Wikipedia a proposito dei dati biografici di Nureyev, oggi si possono avere
molte informazioni su Internet, ma non tutto quello che c'è su Internet è vero.
E il giornalista deve risalire alla fonte dell'informazione, deve verificare la
fonte, e una volta che l’ha verificata, può valutarne la veridicità. Posso
aggiungere che, essendo giornalista, ho voluto scrivere questo libro proprio
per trasmettere quello che avevo saputo ai giovani lettori. E ho deciso di
farlo sotto forma di romanzo, anche se molto di ciò che ho scritto, l’ho trasmesso
da giornalista.
D.: Come ha conosciuto Rudi?
R.: Quando avevo la vostra età, Rudy era sicuramente il ballerino
più conosciuto al mondo. Quindi lo si vedeva molto spesso soprattutto nelle
riviste oppure nei balletti che venivano trasmessi in tv. Così, ho seguito ciò
che faceva. Sfortunatamente, non ho avuto la possibilità di vederlo esibirsi
sulla scena né di incontrarlo personalmente. Ma, per scrivere questo libro, ho
contattato delle persone che l'hanno conosciuto. E certamente, non ho pensato a
lui tutto il tempo, però a un certo punto mi sono resa conto che la sua
adolescenza è stata davvero incredibile e quindi, in un certo senso, il
pensiero di Rudi non mi ha mai abbandonato veramente, anzi mi ha accompagnato
tutta la vita
D.: Lei ha scritto altri libri. Quale l’ha soddisfatta di più e
perché?
R.: Sicuramente “La scelta di Rudy”, perché è il personaggio a cui
sono più legata. Anche il fatto che abbia avuto una vita molto movimentata, a
tratti drammatica, ha inciso. Di conseguenza, sono stata molto trasportata
nello scrivere il libro. Ho scritto altri due romanzi biografici. La prima
storia che ho scritto è “Mon ami jappeloup”, la storia di un cavallerizzo che
mi ha chiesto di raccontare la sua vita ai ragazzi. L'ho scritta quindi a
quattro mani. Il terzo libro che ho scritto è “Agatha”, un libro su Agatha
Christie che racconta l’adolescenza della grande scrittrice. È stato molto
interessante ugualmente scriverlo, anche se la vita di Agatha Christie è stata
più tranquilla. E quindi davvero il libro che più mi ha appassionato con
emozioni forti e mi ha coinvolto è stato “La scelta di Rudi”. Posso aggiungere
che me lo sono riletto e ancora una volta mi sono emozionata.
D.: In quanto tempo ha scritto il libro?
R.: Più o meno un anno. Ciò che ha richiesto più tempo non è stato
scrivere, ma documentarmi. E incontrare delle persone, fare delle interviste.
Una volta che ho raccolto tutte queste informazioni, ho potuto iniziare a
scrivere. La vera e propria scrittura del libro è durata quattro mesi, tenendo conto
che l'ho fatto durante le vacanze e nei fine settimana.
D.: Perché ha deciso di partecipare a questo festival?
R.: Perché mi piace moltissimo l'Italia. E anche perché ero
impaziente di incontrare giovani studenti italiani e di sapere come avevano
accolto il mio libro. E in più questo festival raccoglie molti ragazzi, molti
scrittori e credo che sia molto interessante incontrare le persone soprattutto
quando sono di un altro paese. E trovo che gli adolescenti italiani facciano
delle domande ottime, molto interessanti.
D.: C'è un evento particolare che l'ha ispirata per questo libro?
R.: No, penso che sia difficile trovare un momento preciso. Non è
che mi alzo alla mattina e decido di andare a scrivere un libro su Rudolf Nureyev.
Come dicevo prima, lui mi ha un po' accompagnato durante tutta la mia vita. A
volte era un po' più distante, a volte era un po' più vicino. E a un certo
punto ho raccolto molte informazioni su di lui e, dopo aver scritto il mio
primo libro, di cui vi ho parlato prima, avevo preso gusto a scrivere qualche
cosa che non fosse un semplice articolo di giornale. Mi era piaciuto, in
effetti, raccontare una storia. Ed è lì che la storia di Rudy è ritornata come
un ritornello in testa. E lì mi sono detta che avrei potuto scrivere la storia
di Rudolf Nureyev. Penso che tutti abbiamo molte storie in testa che girano e
un certo punto una di queste arriva più prepotente, si ferma e chiede di essere
scritta.
D.: Se lei avesse un sogno
da realizzare, farebbe di tutto per realizzarlo ad ogni costo, esattamente come
ho fatto Rudi?
R.: Non ho un sogno così grande come quello di Rudi, anzitutto
perché non ho più la sua età, ma, se devo pensare alla mia vita presente,
sicuramente mi piacerebbe continuare a scrivere, incontrare i miei lettori
viaggiare tantissimo, e quindi sì, in un certo senso farei di tutto per
continuare a realizzare questo mio sogno.
D.: Perché, secondo lei, il sogno di Rudi è danzare?
R.: Diceva sempre che la prima volta che aveva visto qualcuno danzare
aveva quattro anni. Era successo durante la guerra e, quindi, il padre non
c'era. La sua famiglia era veramente poverissima, non avevano nemmeno le
scarpe, ma la madre di Rudi era riuscita comunque ad avere dei biglietti per
andare a vedere il balletto. Rudolf Nureyev ha sempre raccontato che, nel
momento in cui aveva visto i ballerini sul palco e quando aveva visto il
palcoscenico aprirsi, era rimasto segnato per tutta la vita, anche se lui era
piccolissimo, aveva appena quattro anni. Possiamo aggiungere che all'epoca, in
Unione Sovietica, le persone ascoltavano molto la radio che trasmetteva
moltissima musica classica. E questo gli ha permesso di rendersi conto dei suoi
interessi, dei suoi sogni e di diventare un bravo ballerino. In più non gli piaceva
nemmeno tanto andare a scuola.
D.: Nel libro alcuni fatti narrati sono realmente accaduti e altri
no?
R.: Nel libro ci sono molte vicende realmente accadute. Certo, non
avendolo incontrato e non avendo sentito raccontare da lui tutto ciò che io
racconto, ho immaginato i dialoghi che lui ha avuto. Quindi, a volte ho dovuto
per forza cambiare la realtà. Come per esempio, il fatto che abbia introdotto
alcuni personaggi che non sono esistiti, ma che mi hanno permesso di raccontare
la vera storia. Ma ho cercato per tutto il libro di non tradire la voce di
Rudi. E mi sono detta che, avendo avuto molte informazioni, ho potuto
restituire quella che è stata la sua adolescenza. Per questo il mio libro può
essere definito un romanzo.
Classe 3^C, Scuola secondaria di Primo grado
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