Dante Alighieri nacque a Firenze, probabilmente tra il 21
maggio e il 20 giugno 1265. Tali riferimenti si sono evinti attraverso la
lettura delle sue opere. Infatti, quando il poeta annuncia d’aver fatto il
viaggio nell’oltretomba, afferma che si trovava “nel mezzo del cammin”, ovvero
attorno ai 35 anni, visto che in quell’epoca la vita media era di 70 anni.
Dante fa risalire la stesura dell’opera intorno al 1300 ed è così che giungiamo
a intuire la sua data di nascita. Nacque in una famiglia della piccola nobiltà
fiorentina, che viveva in modeste condizioni economiche. Col tempo diventò uno
dei letterati più importanti del Dolce Stil Novo. L’avvenimento più importante
della sua giovinezza fu l’amore
spirituale per Beatrice, figlia di Folco Portinari.
Partecipò alla vita politica della sua città che in quegli
anni era tormentata da lotte interne tra guelfi bianchi e guelfi neri: Dante si
schierò con i guelfi bianchi e ottenne varie cariche pubbliche. Nel 1300
rivestì anche quella di priore, ma dopo la lotta con i guelfi neri, questi
ultimi presero il sopravvento e lo condannarono all’esilio.
Durante questo periodo, Dante girò le città e le corti
italiane, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Ravenna, alla corte di
Guido da Polenta, dove morì nel 1321, poco dopo aver terminato la sua Commedia.
Il testo della Divina
Commedia è - secondo Dante- una missione che gli fu affidata nientedimeno
che da Dio, tramite la quale egli descrisse le anime dei peccatori e dei beati,
attraverso un percorso di salvezza per se stesso e per tutte le altre anime. Il
suo intento era di farsi banditore di verità e giustizia, e questo gli derivò
dalla sua esperienza di vita travagliata, dalla degenerazione della vita
politica del suo tempo, alla mercé di politici e cortigiani perversi che
agivano contro gli onesti. Egli considera questo viaggio un tragitto
dell’anima, soprattutto della propria, di cui coglie i rapporti con la società
del tempo, con la storia universale e
con Dio.
Nella Divina Commedia
Dante si perde in una selva oscura dove incontra tre bestie feroci che si
oppongono al suo cammino: la lonza che sta a significare la superbia, la lupa
l’invidia, e il leone l’avarizia. Questo passo della Commedia mi ha molto
colpito e voglio esprimerlo meglio. C’è differenza tra le tre bestie per il
significato che esprimono nella metafora: la superbia della lonza e l’avarizia
del leone nell’uomo provocano una sensazione di piacere, di godimento, mentre
nel caso della lupa, che Dante disegna magrissima, non è un aspetto positivo,
poiché l’invidia è un sentimento che ci consuma, ed è fatto di sofferenza.
In soccorso a Dante arriva l’anima di Virgilio (simbolo della
ragione umana); egli lo accompagnerà fino al Paradiso dove però si dovrà
fermare, perché, essendo vissuto prima di Cristo, non ha conosciuto la fede
cristiana e quindi non potrà mai vedere Dio. Dante descrive l’Inferno come una
voragine a forma d’imbuto, costituita da nove cerchi concentrici che a loro
volta si dividono in zone. Dal primo al sesto cerchio troviamo gli incontinenti,
ovvero i non battezzati (limbo), i lussuriosi, i golosi, gli avari e prodighi,
gli iracondi e gli accidiosi, per concludere con gli eretici. L’Inferno
prosegue con il settimo cerchio, ovvero quello dei violenti, con l’ottavo dove
si trovano i fraudolenti (ruffiani, adulatori, seduttori) e il nono dove
troviamo i traditori (dei familiari, della Patria, degli ospiti e dei
benefattori). Nel nono cerchio si trova anche Lucifero, un essere trasformato
da Dio in un mostro a tre facce e sei ali di pipistrello.
Virgilio accompagna Dante anche nel Purgatorio. Questo luogo
è costituito da un tronco di cono diviso in tre parti: l’Antipurgatorio; il
Purgatorio; il Paradiso Terrestre,
suddiviso ancora in sette cornici in cui si espiano i sette peccati
capitali. Questi peccati sono: superbia, invidia, accidia, avarizia, gola e
lussuria. Il significato del Purgatorio è quello di espiazione, riflessione e
pentimento.
Il tratto del Paradiso Dante lo compie con Beatrice, ovvero
la rappresentazione allegorica della Bellezza impossibile da raggiungere e da
capire se non attraverso la purezza, la Grazia della fede, la teologia. Quando
Dante arriva nel Paradiso, non descrive Dio, ma afferma solo che davanti a lui
c’era un’immensa luce bianca. La descrizione del Paradiso che Dante ci fa è di
un luogo composto da nove cieli. I primi sette hanno nomi di pianeti noti
(Luna, Mercurio, Venere, Giove, Marte, Saturno, il Sole), i successivi due sono
chiamati ”Il cielo delle Stelle fisse” e “Cielo cristallino”. Nel Paradiso
Dante colloca le anime beate che contemplano la divinità di Dio e sono colme di
Grazia.
CURIOSITA’: esistono circa 700 codici manoscritti della
Divina Commedia, nessuno di essi è la copia autografata del poeta, che non è
mai stata trovata.
Samuel Mocerino, Classe 2^B, Scuola secondaria di Primo grado
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