Le classi 2^A e
2^F hanno partecipato all’incontro con David Almond, autore di Skellig
David
Almond è inglese, scrive da moltissimo tempo, ha vinto numerosi premi, tra cui
il Whitbread Children's Novel of the Year
Award, la Carnegie Medal, il premio Hans Christian Andersen come miglior
autore per ragazzi.
Veniamo
accolti da Nicoletta, una bibliotecaria, che introduce le classi presenti
all’incontro con l’autore. E ha inizio la chiacchierata…
Quando
David era piccolo, faceva il chierichetto e frequentava molto la chiesa; amava
ascoltare uno zio che raccontava molte storie.
Almond
è stato invitato perché i suoi romanzi sono adattissimi ad illustrare il tema
del Festival di quest'anno, cioè Terra.
Gli alunni hanno portato la loro terra che è stata mischiata nel piazzale con
altre terre provenienti da tutto il mondo. Anche gli autori, che vengono da
tutte le parti del mondo, sono in qualche modo testimoni di altre terre.
Domanda di Nicoletta: Dal vostro punto
di vista, cosa c'entra Skellig col
tema di questo festival?
Risposta 1: Almond viene da
un'altra terra, non viene dall'italia. E’ un incontro di terre, come quella che
abbiamo portato noi.
Risposta 2: In Irlanda ci
sono delle isole che si chiamano Skellig Michael. Credo che l'autore abbia
preso ispirazione dal nome di queste isole per scrivere il suo libro. Quindi,
isola come terra.
Interviene
un’insegnante
Risposta 3: Visto che Skellig
rappresenta qualcosa di magico che proviene da un mondo fuori dalla terra,
quindi da ciò che sta anche al di sopra della terra, rappresenta il legame tra
la terra e ciò che sta sopra la terra.
Risposta 4 (Nicoletta): I romanzi di
Almond c’entrano molto con la terra, in molti ci sono gallerie, miniere, luoghi
oscuri in cui andare a cercare i morti. Però ci sono anche molti riferimenti al
volo e, probabilmente, Skellig riesce a tenere insieme la fisicità della terra
e l'alterità, l'essere alto nel cielo. La professoressa ha parlato di magia e
trovo che sia una cosa costante nei romanzi di Almond, perché partono sempre da
una situazione quotidiana, che potremmo vivere tutti, all’interno della quale,
però, si inserisce sempre un elemento soprannaturale, qualcosa che nella vita
reale non può succedere. In questo caso, il ritrovamento nel garage del barbone
che, però, ha le ali. La prima volta che ho letto questo romanzo, ho pensato
che assomigliasse molto ai romanzi sudamericani nei quali c'è una sorta di
realismo magico. Solo dopo molto tempo ho letto che, per scrivere Skellig, Almond si è ispirato a un
romanzo di Gabriel Garcia Marquez, un racconto in cui il protagonista era un
vecchio con le ali che atterrava in una giornata piovosa nel patio di una casa
e veniva accolto dalle persone che vi abitavano.
D.: E’ vero ciò che ho letto? Skellig è legato
al realismo magico dei sudamericani?
R.:
Sì, è vero che Marquez ha avuto su di me una grande influenza. È un
autore che io ammiro molto. Mi piace il suo approccio, il suo stile di
scrittura, e quella storia che lui ha scritto sul personaggio con le ali
sicuramente mi ha colpito molto. Quando ho scritto Skellig, mi sono sorpreso nel realizzare che c'era una influenza di
Marquez per creare questo personaggio. Poi, però, ho finito col dimenticarmi di
questa suggestione per concentrarmi sul mio processo di scrittura. In realtà,
per me scrivere è sempre il frutto anche di una serie di azioni e di influenze
che si mischiano e che si riuniscono. Ci sono, inoltre, ovviamente, le
influenze della mia vita. Sicuramente, un'esperienza che si riflette in questo libro,
è la mia esperienza da bambino per essere stato allevato in una famiglia
cattolica, essere stato anche imbevuto della realtà della chiesa cattolica.
Nicoletta
rivolge adesso a David Almond la domanda che aveva già rivolto ai ragazzi. D.: Che collegamento c'è tra la terra e Skellig? Skellig, questo giardino incolto, questo angelo che si nasconde nel garage… che legame trova col tema di questo Festival?
R.: Per me il collegamento è forse anche relativo all'immagine delle isole Skellig Michael, che sono isole molto selvagge e rocciose nell'Oceano Atlantico. Mi sembrano le stesse caratteristiche del personaggio di Skellig, che da una parte è tangibile, reale, molto materiale, quindi collegato al mondo fisico e terreno. Quindi possiamo collegare Skellig al tema della Terra, sicuramente. D’altra parte, però, presenta anche una dimensione più eterea, legata al volo, alle ali, a una dimensione superiore. Questo, secondo me, riflette anche una nostra caratteristica, come esseri umani. In parte, anche noi siamo terreni e terrestri, ma in parte abbiamo anche una dimensione che ci porta oltre, che ci porta in una dimensione superiore.
Nicoletta chiede a David Almond di raccontare una cosa che lei ha già sentito raccontare in un altro incontro, ma che ritiene molto interessante. Almond fa riferimento a ciò in molte intervista che si possono trovare anche sul web e riguarda il processo creativo, cioè quel processo che porta a costruire un libro che lui definisce ordinato e perfetto, mentre invece sembra che questo processo di creazione del libro non sia né ordinato né perfetto.
D.: Come avviene il processo
creativo dei tuoi libri?
R.: Quando guardiamo un bel
libro, ci sembra un oggetto perfetto, una creazione perfetta, molto ordinato,
molto strutturato. Però, in realtà, il processo per arrivare a questa
realizzazione è molto imperfetto, come noi, che siamo imperfetti, spesso
disordinati e caotici. Quindi, qualcosa di simile è anche il mio processo
creativo. Inizia sempre con un quaderno, un quaderno con i fogli bianchi, su
cui io scrivo anche in modo molto disordinato, faccio anche dei disegni, dei
ritratti colorati. Da questo caos poi pian piano si forma il racconto. Quindi,
io inizio sempre con questo quaderno, (David
Almond mostra il quadernone dei suoi appunti di cui sta parlando n.d.r.),
un quaderno grande con i fogli bianchi che sarebbe in realtà un quaderno per
schizzi da artista. Vi starete chiedendo perché non inizio a scrivere in modo
ordinato. La risposta è: perché il foglio bianco mi fa un po' paura. L'idea di
dover scrivere direttamente qualcosa di molto ben strutturato può spaventare,
può bloccare. Preferisco non pormi subito questi obiettivi, ma iniziare a
scribacchiare un po' a casaccio, a buttare giù quello che mi viene in mente,
fare disegnini, pasticci con le matite colorate... poi, pian piano, qualcosa si
crea, inizio a trovare degli stimoli che mi permettono di far emergere qualcosa
che mi piace. E da lì, piano piano, incomincia il processo. Quindi, inizio con
una prima stesura più spontanea e meno organizzata sul quaderno, e dopo
strutturo la storia, trasferisco e organizzo questi pensieri e queste parole
sul computer. E lì prende forma una narrazione più organizzata, facendo in modo
che le frasi siano ordinate. Una cosa che faccio sempre, per rendermi conto se
sto scrivendo qualcosa di piacevole, è leggere a voce alta: solo così mi rendo
conto di come sta venendo fuori la storia. A quel punto, inizio a lavorare
sulla struttura. Così, quando alla fine il libro viene pubblicato, i lettori che
lo leggono pensano magari: “Ma come è ben organizzato, com’è ordinato questo
libro di David Almond!” Quello che non vedono è ciò che sta dietro, cioè quel
quadernone ricco di tutto il mio disordine, fatto di parole, disegni e colori.
Questo, se ci pensate bene, è ciò che accade nelle nostre menti perché sono un
po' caotiche, assomigliano molto al mio quadernone, perché ci sono sempre un
sacco di pensieri in circolo in modo disordinato. Voi stessi, in questo
momento, siete qui seduti e, magari mi state ascoltando, ma nello stesso tempo
chissà quanti altri pensieri vi girano per la testa. Ed è questo che ci rende
veramente straordinari, questa è la caratteristica della nostra mente di creare
pensieri diversi sotto stimoli meravigliosi.
D.: Sta già scrivendo
il seguito di Skellig o ha intenzione
di farlo?
R.: Non ho scritto né
intendo scrivere nessun libro che sia un seguito a Skellig. Piuttosto, quello che ho fatto è stato scrivere un libro
che si concentra su un personaggio di Skellig,
cioè Mina, un personaggio per me molto importante, anzi, il più importante:
sono molto legato a lei. Infatti, sono molto contento di aver scritto un libro
che in realtà raccoglie il diario di Mina e tutti i suoi scritti e che in
realtà è un prequel e narra degli
eventi che poi sono descritti in Skellig.
D.: Secondo lei il
personaggio di Skellig ha collegamenti angelici? E perché secondo lei l'uomo ha
perso le sue ali?
R.: L’uomo da sempre ha desiderato volare. In tutte le culture del mondo,
fin dai tempi più antichi, abbiamo personaggi che pur essendo umani, hanno le
ali. E non sono solo gli angeli, ma anche altre figure mitologiche. Penso che
sia un desiderio innato comunque comune all'essere umano. Ricordo che anch'io,
quando ero bambino, vedevo gli uccelli volare e pensavo: “Come sarebbe bello se
potessi volare anch'io!”
D.: Dal suo romanzo è
stato tratto un film. È lei che ha scritto la sceneggiatura?
R.: No, non ho
scritto io la sceneggiatura, è stata scritta da una sceneggiatrice. Quello
che ho fatto, però, è stato scrivere la versione teatrale e il libretto
dell'Opera di Skellig.
D.: Che fine ha fatto
Skellig?
R.: Non lo so
proprio, spesso me lo chiedo: “Dov'è adesso Skellig? chissà che cosa gli è
successo?” Chi lo sa... Non lo so proprio! Magari è qui in Sardegna e potreste
essere voi a scrivere quello che succede a Skellig e quindi la seconda puntata
della sua storia. Vi autorizzo! E non so neanche come sia arrivato nel garage
all'inizio della storia, non ho proprio idea di come sia finito lì!
Interviene Nicoletta: E comunque credo che sarete d'accordo che sono sempre
più interessanti i romanzi in cui resta un mistero, rispetto a quelli che vi
spiegano sempre tutto. Se resta un mistero, si continua a lavorare con la
mente. E’ diverso quando chiudi un libro e non ci pensi più: è meno bello.
D.: In quale
personaggio lei si rispecchia di più e soprattutto perché?
R.: Tra i personaggi
in cui mi riconosco di più c’è sicuramente Michael, anche perché anch'io, da
ragazzo, avevo una sorellina gravemente malata e quindi capisco i sentimenti
che prova Michael. Inoltre, mi riconosco molto anche in Mina: nonostante lei
sia una ragazza adolescente, quindi sicuramente diversa da me come personalità,
trovo dei tratti molto simili al mio carattere.
D.: I professori sono
frutto della sua immaginazione oppure ha avuto professori simili da ragazzo? E
perché hanno quei soprannomi?
R.: Alcuni degli insegnanti della storia sono
tratti dalle mie esperienze: per esempio, da ragazzino io avevo davvero un
insegnante che chiamavamo Rasputin, come nella storia. Inoltre, un altro
personaggio, Miss Clarks, si basa su un’insegnante che io ho conosciuto non da
ragazzino, ma da adulto, perché per vari anni io ho fatto anche l'insegnante.
Avevo una collega che si chiamava Stella, una persona splendida e una splendida
insegnante, il cui carattere si riflette nel personaggio del libro. D.: Nina e la madre hanno un'idea molto particolare della scuola. Quest'idea rispecchia anche la sua?
R.: Non condivido esattamente la visione di Mina perché lei è un’integralista, cioè lei vorrebbe chiudere tutte le scuole e lasciare liberi tutti ragazzi. Mentre io credo che le scuole siano molto importanti, sono ambienti in cui si impara tanto. È vero, però, che molte cose che noi impariamo, non necessariamente le impariamo a scuola. Mina ha un'idea che io condivido: noi impariamo costantemente, in tutto ciò che facciamo c'è un momento di apprendimento. Però, è anche vero che Mina ad un certo punto cambia idea, perché nel libro che le ho dedicato e che si intitola Mi chiamo Mina, lei comincia a capire che anche lei ha bisogno della scuola, di un luogo in cui confrontarsi con i suoi coetanei.
D.: A cosa si è ispirato per scrivere un testo basato sugli uccelli?
R.: Gli uccelli per me sono sempre stata una grandissima fonte di ispirazione e di interesse, mi affascinano. Innanzitutto, una cosa molto importante da ricordare è che gli uccelli discendono dai dinosauri, quindi sono delle creature antichissime che si sono evolute. Un'altra cosa affascinante è che hanno la capacità di stare su due dimensioni diverse, la terra e il cielo. Inoltre, hanno la capacità di cantare. E io penso e mi auguro che i miei romanzi siano come gli uccelli, cioè che abbiano questa capacità di essere musicali, di cantare, e allo stesso tempo la capacità di trasportarci in un’altra dimensione, dalla terra al cielo.
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