Un ponte speciale per una smart city
La 2^C dell’Indirizzo Scientis della
Scuola di via Torino ha organizzato l’incontro “Un ponte speciale per una smart
city”, a cui hanno partecipato le classi 2^A, 3^A di via Torino e 3^B di via
Dante, con l’intervento dell’ingegnere Stefano Casula dell’Italferr di Roma,
che ha collaborato alla ricostruzione del ponte di Genova.
Il ponte, che sostituisce
il primo viadotto Polcevera, chiamato anche ponte Morandi (inaugurato nel 1967,
crollato parzialmente il 14 agosto 2018 e demolito completamente nel 2019), è
stato realizzato su un disegno donato alla città di Genova dall'architetto
Renzo Piano, progettato da Italferr e costruito dal consorzio PerGenova,
composto dalle società Webuild e Fincantieri Infrastructure. La cerimonia di
inaugurazione, alla presenza delle più alte cariche dello Stato, si è tenuta il
3 agosto 2020. https://it.wikipedia.org/wiki/Viadotto_Genova_San_Giorgio
Prima
di iniziare la chiacchierata, l’ingegner Casula ha condiviso delle immagini e
dei video del progetto per la realizzazione del nuovo ponte e la demolizione
del vecchio ponte Morandi.
Domanda: Perché il
ponte di Genova è considerato un ponte Smart?
Risposta: Il Ponte di
Genova è considerato un ponte Smart perché è stato costruito con tecnologie
smart: ha un impianto fotovoltaico, un impianto di supervisione che fa un check
sulle apparecchiature (per esempio sui pannelli solari e sull’eliminazione
della condensa per evitare la corrosione per mezzo di un impianto di
deumidificazione), ed è un ponte quasi autonomo dal punto di vista energetico.
D.: Per quanto
riguarda i pannelli solari, quanto è autonomo il ponte?
Dipende dal sole, dalle giornate, ma i
pannelli arrivano a garantire la metà dell’autonomia. La sostenibilità è stata
voluta da Renzo Piano. Il ponte è orientato da est a ovest, quindi una facciata
è a sud; i pannelli a nord non prendono molta luce. Di giorno l’autosufficienza
arriva al 70% e di notte il ponte si alimenta con la rete. Aggiungiamo che è
stato costruito in due anni e ciò ha ridotto anche l’emissione di CO2 delle
macchine. Anche per questo possiamo dire che si tratta di un ponte sostenibile.
Tutto è stato pensato per l’estetica e la sostenibilità.
D.: Quanto è lungo
il ponte?
R.: Il ponte è
lungo un chilometro.
D.: Quale forma ha
esattamente il ponte?
R.: Il ponte ha la
forma di una nave, simile alle navi dei Vichinghi, costruita da Fincantieri,
impresa italiana che costruisce navi, non ponti. La forma di nave è in onore di
Genova; Renzo Piano, infatti, è genovese.
D.: Quanto tempo è stato necessario per riuscire a progettare il nuovo ponte
della città di Genova?
R.: Per la
progettazione del ponte in verità non c’è voluto un tempo lunghissimo, anzi lo
si potrebbe definire forse uno dei tempi più brevi per la progettazione di un
ponte, perché in totale più o meno sono stati impiegati circa quattro
mesi.
D.: Fondamentalmente le cause
del crollo del Ponte Morandi sono dovute alla mancata manutenzione?
R.: Ci sono indagini in corso
e la giustizia stabilirà le cause. I controlli per la manutenzione del ponte in
verità ci sono stati e chi si è occupato di svolgerla ha capito che vi era
qualcosa che non andava bene. Il ponte, quindi, avrebbe dovuto essere chiuso al
traffico.
D.: Con quali strumenti è stata realizzata la ricostruzione?
R.: I materiali
con cui è stato costruito il nuovo ponte sono acciaio, calcestruzzo e cemento
armato.
D.: Com'è nata l'idea di ricostruire il Ponte Morandi?
R.: Il ponte Morandi è stato ricostruito per rendere giustizia alla tragedia
accaduta.
D.: Il numero dei
lampioni corrisponde al numero delle vittime?
R.: All’inizio c’era
questa idea, ma poi il numero dei lampioni è stato ridotto per problemi
progettuali: tecnicamente ci sono stati problemi con le misure e quindi Renzo
Piano ha dovuto rinunciare all’idea iniziale di installare tanti lampioni
quante sono state le vittime del crollo.
D.: A quanto
ammontava il budget a disposizione per la ricostruzione del ponte?
R.: Sui 200
milioni di euro, esclusa la demolizione; infatti, ci sono voluti 15/20 milioni
per la sola demolizione che è stata molto complessa perché il vecchio ponte
Morandi era enorme. I pezzi caduti al suolo andavano demoliti e decostruiti,
inoltre la demolizione ha avuto varie fasi, tra cui quella con l’esplosivo,
usato quando c’era già il cantiere e le case vicine. Si è fatta particolare
attenzione anche a non diffondere le polveri. Insomma, è stata molto complessa.
D.: Che fine
hanno fatto le macerie?
R.: Il gruppo di
progettazione era composta da quaranta persone; una parte era addetta allo
smaltimento. Le macerie sono arrivate in discarica e poi sono state trattate
per essere reimpiegate, come per esempio il calcestruzzo triturato, ma anche
l’acciaio.
D.: Quali timori
sono rimasti nelle persone che abitano vicino al ponte?
R.: C’erano intere
palazzine sotto il ponte che ospitavano una quarantina di famiglie. Quando
abbiamo iniziato i lavori c’erano ancora i tronconi del vecchio ponte Morandi,
quindi abbiamo demolito anche le palazzine che si trovavano sotto il ponte: per
la sicurezza non era possibile lasciarle lì. Il ponte era degli anni ’60 e
Morandi era un luminare dell’ingegneria delle costruzioni, però oggi non si
farebbe più un ponte così, né una casa sotto un ponte. Col nuovo progetto è
stata data una riambientalizzazione anche sotto il ponte. Oggi vicino al ponte
non c’è più niente, quindi i timori dovrebbero essere svaniti e le persone sono
state ricollocate in appartamenti, forse, anche più belli. Anche quando
andiamo a fare una linea ferroviaria nuova, noi ci ritroviamo per forza a
buttar giù qualcosa, magari un’abitazione o altro.
D.: Cosa la attrae maggiormente del suo lavoro?
R.: … bella domanda!... Mi piace il mio lavoro perché faccio delle cose che
servono a tutti. Per me la costruzione di un ponte è un vero e proprio simbolo
perché unisce due sponde. Si parla di opere importanti e che costano miliardi
di euro e la cosa che mi attrae di più è il fatto che faccio il bene di tutti. Sentirsi
utile agli altri è bello, per esempio nella costruzione di un tratto
ferroviario che avvicina e rende più semplice la vita delle persone. Comunque…
bella domanda! (Questa risposta ha colpito molto i redattori, n.d.r.)
D.: Cosa ha
provato quando ha appreso la notizia dell'accaduto?
R.: Un’altra bella
domanda! Guardo le immagini… più di 40 morti… C’è il filmato dove si vedono le
macchine che vanno giù… Ero incredulo, arrabbiato, dispiaciuto… ho provato un
po’ di rabbia, sì! E mentre lo ricostruivo, pensavo a tutte le vittime. Ogni
volta che modellavo e lavoravo al ponte pensavo a questo. Quindi è stata una
progettazione molto concentrata perché, quando lo stavo facendo, non pensavo a
Italferr, pensavo a quello che era successo… a Genova… il 13 agosto.
Classe 3^B, Scuola secondaria di
Primo grado
Nessun commento:
Posta un commento