martedì 30 giugno 2020

Un tempo X in quarantena, di Sara Veroni, ex alunna dell’Istituto



 “Sembra notte, eppure splende il Sole.
Sestu riposa in pace sotto il cielo azzurro. Niente sussurri di vento tra le betulle del parchetto comunale; niente rombi di motori lungo via San Gemiliano, niente pullman in vista alle fermate vuote. Regna un silenzio tale che un piccione solitario che attraversa a passetti dondolanti piazza San Giorgio, si blocca di colpo e ascolta quella stranezza. Rimane assolutamente immobile con la testa di lato, in vigile attesa, ma poi vede poco più in là un pezzetto di pane e dimentica tutto: una zampetta rossa davanti all’altra, si affretta pregustandosi la mangiata con muta felicità.”

Ho preso e riadattato il passo sopra da un libro, non un libro qualsiasi, ma un libro sui campi di concentramento (quindi siamo ai tempi della Seconda Guerra Mondiale), eppure esso descrive pienamente lo scenario fuori dalle nostre mura domestiche: uno scenario angosciante, sbigottente, agghiacciante, che fatichiamo a deglutire nella parola “normalità”. Infatti, è un evento straordinario, una pandemia non accadeva da almeno un secolo ad oggi.                   
In Italia nessuno credeva che il Covid-19 sarebbe arrivato, “finché il problema non ci riguarda non ce ne preoccupiamo”. Per quanto il sistema sanitario italiano sia eccellente, non basta l’eccellenza per togliere la corona al virus. Medici e infermieri svolgono turni massacranti, rischiano la propria vita per salvarla agli altri; nonostante ciò, i contagi sono in continua crescita, purtroppo.

La normalità è un’incognita irrisolvibile, alcuni studi affermano che per tornarci dovremmo impiegarci un periodo cinque volte tanto da quando è scattato l’allarme al giorno in cui si raggiungerà il picco dei contagi, ovvero, dal 5 marzo, un giorno sia maledetto che benedetto, il primo perché lì è iniziato il periodo di crisi italiana, il secondo perché con l’atto di chiudere le scuole, hanno fermato un possibile focolaio per la comunità.

Nei social girano numerosi hashtag, i principali sono:
-         #andràtuttobene ;
-         #insiemecelafaremo ;
-         #iorestoacasa .

Insomma, sono hashtag promettenti, esprimono la solidarietà che c’è, esiste e vive tra gli Italiani. Ci voleva una pandemia per risvegliare la prudenza, l’altruismo e la fratellanza ?!?!? Ma davvero?!?

Beh… la vita prosegue, almeno prova a proseguire in questa situazione di crisi.
Studenti e professori rispettivamente seguono e svolgono le lezioni online, un’esperienza nuova per tutti, organizzata da un momento all’altro.
I lati positivi sono ridottissimi: si sviluppano nuove competenze tecnologiche, ci si può svegliare anche tre minuti prima della lezione, non si deve correre per non perdere il pullman o non ritardare.
Se vi elenco tutti i lati negativi, scrivo un romanzo…J

Nella vita da reclusi, lo stress e la frustrazione insorgono possenti, così come la nostalgia dei propri amici e familiari, visibili solamente attraverso un mondo virtuale, il mondo di cui tutti ci siamo abituati ad usufruire, tanto da esserne quasi… schiavi.

Per finire, mi permetto di utilizzare l’hashtag dell’I.C. di Sestu: non è diffuso come quelli già indicati, ma anch’esso rispecchia la situazione gravissima in cui ci troviamo.
#noncifermiamomai.   

Sara Veroni, ex alunna dell’Istituto

(Scritto a fine marzo, n.d.r.)                                     

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