Durante lo studio
della Geografia, la presentazione dell’Ucraina è stata arricchita con l’intervista ad un'amica ucraina, che abbiamo
pensato di condividere con i lettori dell’Occhiolino.
(n.d.r.)
Domanda: Da quanti anni vivi in Italia?
Risposta: Vivo in Italia dal 2002, da 20 anni circa.
D.: Che ricordi hai della scuola in Ucraina?
Della
scuola ho bellissimi ricordi, dei miei compagni, dei miei insegnanti. Era una scuola un po’ particolare: l’Ucraina faceva parte dell’Unione
Sovietica, quindi era sotto il regime comunista. Era tutto diverso da come si
vive adesso la scuola.
Per
esempio, non potevamo fare religione né catechismo, perché la religione era
proibita dal regime comunista (ateo). I nostri genitori, però, erano credenti,
e ci insegnavano la religione. Andavamo in chiesa per le feste importanti come
Pasqua o Natale, ma di nascosto.
Per
le feste religiose importanti a scuola obbligavano noi bambini a firmare una
lista in cui dichiaravamo che non saremmo andati in Chiesa. In quei giorni di
festa ci facevano andare comunque a scuola, non facevamo lezione, ma si
organizzavano giochi, per essere certi che non avremmo partecipato a funzioni
religiose.
Andavamo
quindi in chiesa di nascosto, di notte.
Per noi bambini era anche divertente uscire la notte. I nostri insegnanti erano
costretti a controllarci: poteva capitare che li incontrassimo per strada
mentre andavamo in chiesa di nascosto.
A
scuola ci insegnavano che gli Americani erano tutti nostri nemici, erano tutti
spie. Un cittadino americano in
Unione Sovietica veniva affiancato da un agente segreto e controllato in ogni
movimento.
A scuola poi ci obbligavano di continuo a fare prove di evacuazione in caso
di guerra, ci dicevano che gli Americani ci avrebbero colpito con la bomba
nucleare, e ci costringevano a
rifugiarci nei bunker.
Non potevamo studiare la storia come si faceva
nelle scuole europee, ma ci facevano studiare solo quello che consentiva il
regime.
Eravamo poi obbligati a studiare il russo, tutti
dovevano parlarlo: a scuola, negli uffici, negli ospedali.
D.: Cosa ti manca di più del tuo paese?
R.: Del mio paese mi manca tutto. Quando vai a
vivere in un altro paese nel tuo cuore hai sempre la terra dove sei nato, la
tua gente, la lingua, il clima, l’ambiente. Nonostante le difficoltà che
abbiamo vissuto in Ucraina, il regime, la povertà, nel tuo cuore rimane tutto
caro, i bei ricordi rimangono.
Vivo qui da vent’anni, ho qui la mia famiglia, e per me anche la Sardegna è
diventata la mia terra. Se dovessi
andare a vivere in un altro paese, mi mancherebbe come se fosse la mia
terra.
Mi manca il cibo ucraino, infatti spesso cucino le ricette del mio paese,
che mi ricordano tanto l’Ucraina.
Mi mancano i parenti, mio fratello, le mie sorelle. Prima della guerra ci
incontravamo tutti in Ucraina, ora aspettiamo di poterlo rifare.
D.: Come vivi da qui la guerra in Ucraina? Ti arrivano notizie dai tuoi
familiari e dai tuoi amici?
R.: Questa è la domanda più dolorosa… Da quando la guerra è iniziata, non è
passato neanche un giorno, nonostante la vita qui continui, che io non abbia
pensato alla guerra. E’ una cosa che ti appartiene, è molto molto doloroso
sentire di tutte le persone che stanno morendo, bambini rubati e deportati in
Russia.
E pensare che consideravamo i Russi come fratelli, nonostante il regime.
Siamo un popolo pacifico, spesso vittima di invasioni e sterminio.
Prima non si parlava di quello che succedeva, la Russia ci dava il gas,
l’energia, ma adesso questa guerra è troppo evidente e ha troppe
ripercussioni.
In Ucraina ho i miei parenti, che mi raccontano tutte le notizie, anche se
ormai con Internet si riesce a sapere tutto in tempo reale.
Per fortuna io sono di Leopoli, vicino alla Polonia, e lì la guerra vera e
propria non è arrivata.
Prego tutti i giorni che questo orrore finisca, non è accettabile ai nostri
tempi, è tutto troppo doloroso…
Monica
Busonera, Classe 2^E, Scuola secondaria di Primo grado
Brava Monica, molto bella questa intervista!
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