venerdì 24 novembre 2017

Laboratorio didattico, “Imparo a programmare, programmo per imparare”, a cura di Elisa Pettinari - Mondadori Education, di Lisa Manunza ed Emanuele Pintus, Classe 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

In occasione della 10^ Edizione di Cagliari FestivalScienza - Scienza Futura, all’Istituto Comprensivo di Sestu si fa Coding con Scratch. Mercoledì 8 e giovedì 9 novembre, quattro fortunatissime classi hanno avuto la possibilità di partecipare a un Laboratorio didattico, “Imparo a programmare, programmo per imparare”, a cura di Elisa Pettinari - Mondadori Education.




Elisa Pettinari si è laureata in ingegneria elettronica al Politecnico di Milano e ha conseguito un master in Comunicazione della Scienza alla SISSA di Trieste. Per Mondadori Education coordina progetti editoriali relativi a informatica, competenze digitali e nuove tecnologie nella didattica, e tiene seminari e corsi di formazione per i docenti. Ha insegnato coding e robotica presso diverse scuole di Milano, sia primaria che secondaria di primo grado, partecipando a progetti volti a introdurre nella programmazione didattica il coding come attività interdisciplinare.” (tratto da 
http://www.mondadorieducation.it/Mondadori Education/appuntamenti/(anno)/2017/(mese)/11/(giorno)/9 )

I nostri redattori Lisa ed Emanuele hanno incontrato Elisa Pettinari e hanno fatto una breve chiacchierata con lei.

Domanda: Che cosa intende per Coding con scratch?
Risposta: Coding, come voi già sapete, vuol dire programmare, e quindi coding con scratch significa imparare a programmare in modo semplice ma vero, per realizzare giochi e videogiochi. Però, programmare significa anche scrivere una procedura con istruzioni che devono essere capite da una macchina. Questa utilizza una logica che è la stessa che noi usiamo tutti i giorni. Quindi, dobbiamo fare in modo che la procedura venga capita da una macchina. Facendo questa attività, noi impariamo anche ad usare questa logica che ci servirà in moltissime situazioni della vita.

D.: Ritiene che l’Italia sia al passo con i Paesi più progrediti da questo punto di vista?
Siamo partiti presto e siamo stati bravi perché queste attività di coding negli Stati Uniti sono partite nel 2013. Noi siamo partiti nel 2014 e abbiamo già fatto tante cose belle. Ci sono tantissime scuole che partecipano alle attività di coding perché il Ministero ha messo a disposizione una piattaforma molto utile, https://www.programmailfuturo.it/come/ora-del-codice  che voi conoscete. Quindi, siamo stati sicuramente bravi e siamo quasi al passo, nel senso che ci siamo anche affidati alle iniziative delle stesse scuole. Il Ministero non ci obbliga a fare coding: infatti, ci sono tante scuole che hanno partecipato e altre che ancora devono iniziare. Quindi, siamo quasi al passo ma, come sempre, possiamo fare meglio.

D.: Ha visitato altri Paesi dove la robotica e il coding sono all’avanguardia?
Sì, ho lavorato per tanti anni negli Stati Uniti, in una multinazionale. Mi sono poi spostata anche in altri paesi all’avanguardia dal punto di vista tecnologico. Sicuramente, gli Stati Uniti lo sono. A questo proposito voglio dire che l’Italia non investe tantissimo in ricerca scientifica e in tecnologia. Dovrebbe fare di più. Però ha dei centri di eccellenza importanti e quindi facciamo questi laboratori anche perché vogliamo spingere voi, nuove generazioni, a quelle carriere che vengono chiamate Stemscience technology engineering mathematics, cioè quelle carriere lavorative, che sono una grande opportunità nel futuro, relative alla ricerca scientifica e alla progettazione tecnologica.

D.: Secondo lei “fare coding” è una espressione comune nel nostro dizionario?
Coding in realtà è una parola inglese che significa programmare e questa è una parola comune perché la programmazione esiste da sempre. Oggi è necessaria per realizzare la maggior parte dei dispositivi che usiamo e che sono diventati pervasivi. Pertanto, non possiamo prescindere dal fatto di saperli usare, ma anche di conoscerli bene per sapere come funzionano e a cosa servono.

D.:  Da studentessa, quando ha scoperto l’informatica e l’amore per la tecnologia?
Più o meno quando avevo la vostra età, anche se allora pensavo ad un’altra cosa a carattere più generale. Il mio non era un amore per la tecnologia e per la programmazione; volevo, comunque, studiare una materia scientifica e vedere come funzionano le cose in pratica.

D.: Lavorerà con altri programmi, per esempio Minecraft?
Con Minecraft ho già lavorato e sto già pensando a come realizzare i prossimi laboratori di coding utilizzando sia Minecraft che altri programmi. Comincio da Scratch che presenta un linguaggio più semplice. Non voglio proporre un linguaggio di programmazione specifico che adesso non avrebbe senso per voi, perché quando sarete grandi e cercherete lavoro, quindi tra poco più di dieci anni, i linguaggi di programmazione che usiamo oggi saranno vecchi; con Scratch si imparano, invece, le cose importanti che servono per qualunque linguaggio futuro.

D.: Da bambina avrebbe mai immaginato un simile “progresso”?
No, decisamente no.  Questo bisogna dirlo perché è anche ciò che ci mette in difficoltà. Perché la rapidità con cui si sono evoluti questi dispositivi tecnologici, di sicuro, quando ero piccola io, non la immaginavamo. Adesso dobbiamo imparare a stare al passo con una tecnologia che cambia rapidamente più di quanto a volte non riusciamo a cambiare la nostra testa.

D.: Lei ritornerà qui a fare altre attività di Coding e Scratch?
Io spero di sì. In questo momento non lo so perché poi, a Milano, mi occupo anche di altri lavori, non mi occupo solo di tecnologia. Sarei, comunque, contentissima se capitasse un’altra occasione.

Se dovesse succedere, la classe 3^F si prenoterebbe subito!



Lisa Manunza ed Emanuele Pintus, Classe 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

Intervista a Nicola Dattena - Laboratorio didattico, “Imparo a programmare, programmo per imparare”, a cura di Mondadori Education, di Lisa Manunza ed Emanuele Pintus, Classe 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

Mercoledì 8 e giovedì 9 novembre, in occasione del  Laboratorio didattico “Imparo a programmare, programmo per imparare”, della Mondadori Education, era presente anche Nicola Dattena, rappresentante della nota agenzia libraria di Cagliari Lybis. 


La redazione dell'Occhiolino ha ricolto alcune domande a Nicola. 


Domanda: lei è rappresentante di diverse case editrici, organizzatore di eventi e scrittore… quale tra questi lavori preferisce?

Risposta: Tutte le fasi del mio lavoro sono interessanti, sinceramente organizzare eventi è più stimolante, rispetto al resto. La scrittura non la pratico in modo continuativo; è quasi per caso che ho scritto un libro per bambini.

D.: Come e quando ha scoperto il mondo dell’Informatica, del Coding e della Tecnologia?

R.: Ho scoperto il mondo del Coding recentemente tramite mio figlio che ha fatto pratica con l'insegnante di tecnologia nella scuola media. Ho scoperto che programmare è proprio un gioco da ragazzi.

D.: Perché questo evento è sponsorizzato dalla Mondadori? Che cosa ha realizzato o sta realizzando questa Casa editrice per il Coding?

R.: Le case editrici sono un’anomalia del mercato. Il lavoro che fanno e i prodotti che propongono, non hanno solo un valore commerciale, ma toccano i temi culturali e formativi della società. Di conseguenza, organizzare eventi e seguire l'evolversi del mondo della scuola è doveroso. Il Coding è un esempio lampante: la Mondadori ha scoperto che nell'ambiente scuola è molto utilizzato, e così ha avviato una produzione specifica di testi sul tema.

D.: Ha qualche altro romanzo nel cassetto?

R.: Al momento non ho un romanzo nel cassetto, ma un cassetto pieno di romanzi da leggere. 


Lisa Manunza ed Emanuele Pintus, Classe 3^F (Scuola secondaria di primo grado)





Laboratorio didattico, “Imparo a programmare, programmo per imparare”, a cura di Elisa Pettinari - Mondadori Education, di Sara Tinti, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

La nostra scuola quest’anno è stata partner del Festival della Scienza che si è svolto a Cagliari per il decimo anno consecutivo. Il laboratorio con Scratch che ci è stato proposto aveva come titolo: “Impara a programmare, programmo per imparare”.
Mercoledì 8 novembre la mia classe si è recata in via Dante nell’aula di informatica per parteciparvi. Infatti, è venuta la professoressa Elisa Pettinari, per conto di Mondadori Education, accompagnata da tre alunni dell’Istituto “Grazia Deledda” di Cagliari. Lei ci ha spiegato che Scratch è un ambiente di programmazione virtuale realizzato a scopo educativo.
La professoressa ci ha fatto prima interagire col programma e ci ha spiegato dei comandi. Dopo, abbiamo creato tutti insieme un gioco, il quale consisteva nel non far cadere i pacchetti di Natale su una linea nera, quindi abbiamo creato il nostro “palcoscenico” e anche il nostro personaggio, sempre a tema natalizio.
Subito dopo, abbiamo creato il codice, e abbiamo fatto muovere il nostro personaggio con le freccette della tastiera e non con il mouse.
Quindi, grazie ai codici, siamo riusciti a creare un gioco molto divertente.
È stato bellissimo partecipare a questa attività e spero venga data anche alle altre classi dell’Istituto la possibilità di creare il loro gioco.

Sara Tinti, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

Laboratorio didattico, “Imparo a programmare, programmo per imparare”, a cura di Elisa Pettinari - Mondadori Education, di Elena Spanu, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

Il giorno 8 Novembre ci siamo recati nella sede di via Dante per partecipare  ad un’attività di laboratorio Coding che ha coinvolto quattro classi della scuola secondaria.
Si trattava di lavorare con Elisa Pettinari, l’esperta, e con l’aiuto di tre ragazzi della scuola “G. Deledda” di Cagliari con un programma chiamato “Scratch”.
Ma che cosa è Scrath?
Scratch è un sistema di programmazione di tipo ludico, con un linguaggio grafico e progettato per l’insegnamento. E’ ideato per studenti e insegnanti  e si può utilizzare per progetti o giochi che vanno dalla matematica alla scienza, dalla musica all'arte.
Appena arrivati,  Elisa e il suo staff si sono presentati e lei ci ha spiegato brevemente cosa avremmo fatto: avremmo creato un nostro gioco.
Ci siamo disposti a coppie davanti ad una postazione computer e, a mano a mano che Elisa dava le istruzioni sulla LIM, noi la seguivamo prendendo le “azioni” dal gioco e collegandole tra loro, così che la nostra “icona” potesse fare i movimenti che volevamo. Il prodotto finale è stato un gioco creato da noi, dove il nostro personaggio doveva acchiappare dei pacchetti  e ogni volta che ne afferrava uno, prendevamo un punto, mentre, se il pacchetto cadeva, perdevamo una vita.
Molti di noi non avevano mai usato questo programma, ma ce la siamo cavata tutti molto bene e siamo riusciti a concludere l’obiettivo di programmare un gioco senza tanti problemi.
Ho trovato questa attività molto interessante e costruttiva perché ho imparato ad usare un nuovo programma innovativo, istruttivo e divertente.

Elena Spanu, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

martedì 21 novembre 2017

«Io, Emanuela» di Elisa Lai, Classe 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

Il 9  Ottobre 2017, in occasione del 50° compleanno della nostra concittadina, tutte le terze della Scuola secondaria di primo grado dell'Istituto Comprensivo "Gramsci + Rodari" sono andate nell'aula consiliare del Comune di Sestu per assistere allo spettacolo teatrale "Io, Emanuela".
«Io, Emanuela Loi – agente della scorta di Paolo Borsellino» è un libro scritto da Annalisa Strada da cui è tratto lo spettacolo «Io, Emanuela», con la regia di Sara Poli. Laura Mantovi è la bravissima attrice che, in divisa, ha raccontato ad alunni e insegnanti la storia di Emanuela.



In un lungo monologo, ha raccontato...
Il 9 Ottobre 1967 è nata Emanuela Loi, una ragazza sempre sorridente a cui non piaceva mai sentirsi inutile. La sua vita era una sinfonia di amori, il mare era il suo più grande amore.
Aveva una sorella, Claudia, a cui era molto legata.
Un giorno Claudia sentì parlare di un concorso di polizia che si doveva tenere a distanza di pochi giorni, quindi propose ad Emanuela di farlo entrambe.
Le due sorelle decisero di fare il concorso di polizia a Roma per intraprendere la carriera di poliziotte. Affrontarono quattro giorni interi di quiz ed esami. Erano entrambe molto ansiose dell'esito. A differenza loro, i genitori facevano gli indifferenti per non farle stare male nel caso non avessero passato il concorso.
Un giorno arrivò una lettera e, ansiose, le ragazze la aprirono: Emanuela aveva passato il concorso con il massimo dei voti, mentre la sorella, dispiaciuta... aveva raggiunto appena la sufficienza. Claudia, tuttavia, molto felice per la sorella, le disse: "I voti te li sei guadagnati, sono orgogliosa di te".
Emanuela studiò con impegno, e capì che essere agente di polizia significava saper mantenere il controllo  e avere molta freddezza.
Col tempo, Emanuela si sentì sempre di più a suo agio in questo ruolo.
Poco tempo dopo, le annunciarono la sua destinazione: Palermo.
All'udire la parola Palermo, le si spezzò il cuore, ed ebbe un forte senso di sradicamento, lontana dalla sua famiglia, dal fidanzato e dai suoi amici più stretti. Questa destinazione aveva spezzato la sua illusione di poter tornare nella sua isola per lavorare.
Oltre al dispiacere per la lontananza dalla sua amata Sardegna, Emanuela era impaurita e non si vergognava a dirlo, oltretutto temeva per l'incarico in Sicilia, perché era  il territorio eletto dalla mafia, e in quel periodo ai telegiornali non si faceva altro che parlare del Maxi Processo e di stragi di mafia.
Il giorno del suo giuramento era arrivata la sua famiglia da Sestu.
Emanuela era sempre più lontana dalle sue radici.
Nel suo alloggio aveva poco più di una stanza, ma con il vantaggio di non doverla condividere con nessuno.
Il 23 Maggio 1992 accadde uno di quei fatti destinati ad entrare nei libri di Storia: un intero tratto autostradale tra l'aeroporto di Palermo e l'uscita di Capaci era stato fatto esplodere dalla mafia per uccidere il giudice Giovanni Falcone.
Emanuela, anche se non lo aveva mai conosciuto, provava una stima molto forte nei suoi confronti.
Non era morto da solo, con lui erano morti anche la moglie Francesca Morvillo, anche lei  magistrato, e tre agenti della scorta.
Quell'attentato segnava il fallimento di un sistema di difesa e l'inizio di una nuova sfida, era l'inizio di una nuova guerra.
Il 23 Maggio era stata assegnata al servizio scorte.
L'unica cosa che la faceva andar avanti senza cadere era il senso del dovere.
Doveva far parte della scorta di Paolo Borsellino!
Paolo Borsellino è stato uno dei personaggi più importanti nella lotta contro la mafia in Italia, insieme al collega e amico Giovanni Falcone, e il suo obiettivo principale era mettere il dito nei rapporti tra Stato e Mafia.
Borsellino, consapevole del suo destino, non voleva coinvolgere altre persone in eventuali attentati; infatti, alcune volte usciva di casa da solo sperando di evitare, così, il coinvolgimento degli agenti di scorta.
Emanuela era molto orgogliosa di essere una donna in divisa.
Sabato 18 Luglio, Emanuela andò in pizzeria per divertirsi e passare una giornata diversa dal solito, ma lei non riusciva a divertirsi perché l'ansia e la preoccupazione non glielo permettevano.
Domenica 19 Luglio: faceva caldo, Emanuela salì in auto con  Borsellino e gli altri agenti della  scorta. In auto c'era un silenzio totale decisamente strano, perché Borsellino era solito fare battute per ridere, invece il giudice quel pomeriggio era preoccupato e molto teso.
Arrivarono a casa della mamma di Borsellino, un breve attimo per posare il dito sul campanello e poggiare l'orecchio... e la Fiat 126 che era davanti al cancello alle 16:58 esplose.



Laura narra, con le parole di Annalisa Strada, supponendo cosa Emanuela abbia provato in quell'istante...
"Ho visto l'auto esplodere, la vernice bruciare creando bolle incandescenti, dietro alcuni riflessi di palazzi c'erano visi spaventati, ho sentito il mio corpo esplodere e ne ho percepito tutta la sofferenza. Io non sapevo che faccia avessero quelli che avevano messo la macchina lì, io non sapevo  chi avesse informato che quella domenica Borsellino dovesse andare in Via D'Amelio, so solo che avrei voluto essere una donna giusta, utile e per bene, ma non me ne hanno dato il tempo. "
Elisa Lai, Classe 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

XII° Festival Tuttestorie - Cagliari - Incontro con l'autore Francesco D'Adamo, Classe 2^C della Scuola secondaria dell’I.C. di Sestu e Andreina Murgia

Il 12° Festival Tuttestorie di Letteratura per Ragazzi “DIPENDE DA COME MI ABBRACCI. Racconti, visioni e libri sui Legami che ci fanno noi” si è svolto dal 5 all’8 ottobre 2017 a Cagliari. Le classi 2^A e 2^C dell’Istituto Comprensivo di Sestu hanno incontrato lo scrittore Francesco D’Adamo, autore del libro “Papà sta sulla torre”. 


Lo scrittore saluta i ragazzi e si presenta, affrontando diversi argomenti…

La scuola
“Io faccio questo lavoro con grande passione e divertimento perché faccio ciò che ho sempre sognato. Ho frequentato le scuole elementari a Cremona, dove sono cresciuto, per poi trasferirmi a Milano per l’Università. Delle scuole elementari ricordo uno straordinario maestro a cui tuttora penso con tanto affetto perché è stata una figura molto importante. Maestro Ugo aveva una bellissima abitudine: tutti i giorni, quando vedeva che eravamo stanchi, nell’ultima mezz’ora ci leggeva una storia a voce alta. Era bravissimo ad interrompersi sempre sul più bello. Così il giorno dopo noi eravamo impazienti di tornare a scuola per conoscere la conclusione della storia.

La magia della lettura
E’ bello sentire qualcuno che legge per te delle storie che portano via, in altri luoghi e in altri tempi, che fanno fare viaggi straordinari. Così mi sono innamorato delle storie e dei libri. Dentro i libri ci sono tutte le storie del mondo. Dovete avere solo la curiosità di andare a cercare le storie adatte a voi, quelle che, per un qualunque motivo, vi piacciono, vi divertono, vi fanno passare un bel pomeriggio, ridere, piangere, sognare… le storie che vi fanno il solletico. Un bravo lettore deve essere pasticcione perché mette le mani nei libri, li tocca, li annusa. Andate, quindi, a ficcare il naso nei libri. E se quella storia non vi piace e vi annoia, mettete via quel libro e sceglietene un altro. Non c’è mai l’obbligo di leggere un libro. Non ci sono né libri obbligatori né libri proibiti: leggete quello che vi piace. Da tutto ciò è nata la mia voglia di raccontare delle storie agli altri. Lì è nata la mia voglia di diventare scrittore.

“Papà sta sulla torre”
Come avete potuto notare leggendo “Papà sta sulla torre”, io scrivo libri un po’ particolari. D’altronde, ogni scrittore scrive le storie che lo rappresentano. Io amo partire sempre dalla realtà nella quale viviamo. Quindi, trovo le mie storie oltre che nella mia testa anche nei giornali o in tv. L’inizio della storia di “Papà” è estremamente realistica. Nino è un bambino che vive in una città industriale; il papà è un operaio, fa anche il sindacalista. Ma la fabbrica del papà di Nino chiude e il papà di Nino rimane senza lavoro. Decide, così, di salire in cima alla torre della più alta ciminiera per protestare. Purtroppo questo non l’ho inventato io. La crisi c’è stata; hanno chiuso le fabbriche e tanti papà, dopo aver perso il lavoro, sono saliti sulla torre. Da lì, la storia prende un andamento decisamente fantastico perché Nino ha un amico, Goffy, che dice di aver comunicato con gli alieni. Da lì parte l’avventura su una zattera, tra realtà e fantasia che si mescolano nel tentativo di spiegare un aspetto del mondo nel quale viviamo. Quando inizio un nuovo romanzo, cerco di raccontare una bella storia, ma anche qualcosa del mondo in cui viviamo, che è un mondo che a volte ci fa un po’ paura.



Il mestiere dello scrittore
Il mestiere dello scrittore è davvero un bel mestiere, divertente e soddisfacente, ma è un vero mestiere. Si dice che lo scrittore scrive perché ispirato, E’ un luogo comune davvero falsissimo. Non succede così. Questo, in genere, è ciò che fate voi quando fate il tema. Avete il foglio bianco davanti, assumete un’aria falsamente pensosa e aspettate che il tema si faccia da solo o che vi venga l’ispirazione. In realtà, il tema non si scrive da solo, siete voi a scriverlo, ovviamente. Così è per il romanzo: ci vogliono mesi, anni per scrivere un romanzo. E’ un lavoro, altro che ispirazione! Io ci impiego almeno un anno a scrivere un libro. Come ogni lavoro che si rispetti, anche quello di scrittore prevede l’uso di strumenti: si tratta delle tecniche narrative. Insomma, fare lo scrittore o fare il falegname non è molto diverso. Anche lo scrittore ha chiodi e cacciaviti che gli servono a montare e smontare le storie. Quindi, il mestiere dello scrittore si fa con gli attrezzi usati nel modo giusto per raccontare la storia. Lo scrittore fa continuamente delle scelte usando bene i suoi attrezzi, cioè le tecniche narrative.

Io leggo classici, fumetti, fantascienza, polizieschi. E ho anche voglia di scrivere di tutto. Infatti, io ho cominciato scrivendo dei romanzi polizieschi, genere che mi piace e m’intriga, e ho pubblicato anche un poliziesco. Poi un giorno mi è venuta a cercare una storia. Sapete, uno dei vantaggi del fare lo scrittore è che tu te ne stai comodamente seduto a casa tua e vengono a cercarti le storie, iniziano a tirarti per la giacca e cominciano a dirti: “Mi racconti? Dai, mi racconti?... Mi racconti?...”. Questa era la storia di Lupo Omega e mi sono accorto che era una storia pensata per voi. E da allora ci ho preso gusto e ho continuato.

A proposito di etichette: noi siamo abituati ad etichettare un libro come fantasy o giallo o avventura… I miei romanzi sono ufficialmente etichettati come romanzi per ragazzi. Io sono considerato uno scrittore per ragazzi, ma, come avrete capito, io non scrivo “romanzi per ragazzi”; me ne guardo bene! Io scrivo romanzi per degli adulti che hanno provvisoriamente dodici/tredici/quattordici anni, a cui penso di poter raccontare qualsiasi storia, anche quelle un po’ complicate”.

A questo punto, i ragazzi si fanno avanti e pongono a Francesco D’Adamo alcune domande.

Domanda: Crede nello sciopero come mezzo di protesta? Quando frequentava la scuola, partecipava agli scioperi?
Risposta: Sì, io credo fermamente nella protesta collettiva, nelle lotte per difendere i propri diritti e i diritti degli altri. Quindi, credo nelle manifestazioni, nelle proteste. Anch’io ho partecipato a tante manifestazioni e ho scritto questo libro perché negli ultimi anni ho visto e saputo di tanti papà che hanno fatto come Testadipietra per rivendicare un diritto dovuto, come quello del lavoro.  E non solo il diritto ad un lavoro… ma il diritto ad un lavoro dignitoso. Il lavoro ha una sua dignità che non può mai essere ignorata. E allora il lavoro in nero, sottopagato, precario, è un lavoro che non ha dignità. E questo diritto va rivendicato con grande forza, anche con scioperi e manifestazioni.

D.: Ci sarà una prosecuzione del romanzo?
R.: Questa è una domanda che mi fate sempre perché voi siete abituati ai sequel, ad avventure che non finiscono mai, come Guerre stellari al cinema e alle saghe fantasy nei romanzi. Io sono meno abituato di voi, tuttavia non escludo di scrivere il sequel di qualche mio romanzo. Infatti, ogni tanto mi viene voglia di andare a prendere qualche personaggio che ho creato qualche anno fa.

D.. C'è un avvenimento particolare che l'ha ispirato per questo libro?
R.: Un avvenimento in particolare no. Poiché io parto sempre dalla realtà, gli spunti per i miei libri li trovo nei giornali o vedendo delle immagini. In questo caso, c’è stato davvero tre anni fa un momento terribile dell’economia italiana. Allora mi sono chiesto: “Che cosa staranno passando i figli di quei papà che hanno perso il lavoro?”. Molti ragazzi sono passati attraverso l’esperienza drammatica del papà che perde il lavoro. Allora ho pensato alle loro paure, ai loro timori. Questi ragazzi che immagine possono avere del loro futuro? E’ ovvio che da un lato un ragazzo della vostra età non capisce il problema fino in fondo, ma prova comunque dei sentimenti molto forti e contrastanti come la paura e la vergogna.

D.: Perché ha inserito gli alieni per risolvere i problemi e non un paladino o Dio?
R.: A un certo punto sembra che la situazione sia disperata. I giornali non si occupano più della faccenda di Testadipietra. Stare a quaranta metri su una ciminiera è pericoloso. Nino vorrebbe fare qualcosa per aiutare suo padre. Ma cosa può fare un ragazzino? Apparentemente nulla. Sembra che nessuno se ne interessi. E allora viene fuori quest’idea, un po’ strana, un po’ bizzarra. Nino sa benissimo che non è vero niente, però Goffy è il suo amico del cuore e non vuole deluderlo. Poi c’è l’idea di una bellissima avventura, un viaggio di notte sulla barca, lungo il fiume, di nascosto; un’avventura straordinaria da vivere. Così Nino accetta.
D.: Lei è molto attento al tema dell’ambiente. Si è ispirato a qualche luogo particolare per descrivere il Fiume Nero e il cielo della città?
R.: In Italia ci sono tanti fiumi neri, così come acque avvelenate e cieli grigi. Purtroppo, non sempre lo sviluppo economico e lo sviluppo industriale si sono preoccupati di tutelare l’ambiente e preservare la salute. Anzi, lo sviluppo industriale in certe aree si è trasformato in aggressione all’ambiente, in malattie. Purtroppo non siamo stati né abbastanza furbi, né abbastanza lungimiranti da prevenire o impedire questo. Non a caso, l’incontro tra i nostri tre piccoli eroi e i presunti alieni avviene in un luogo simbolo, il Petrolchimico che, ormai chiuso da tanti anni, è diventato un luogo spettrale che fa paura e, dicono gli anziani del paese, ha fatto più vittime della febbre spagnola. Nella realtà, le fabbriche inquinanti uccidono quanto una guerra.

D.: Le avventure dei tre ragazzi sono basate su qualche fatto accaduto durante la sua infanzia?
R.: No, durante la mia infanzia io non ho mai viaggiato su una zattera lungo un fiume. Però l’idea l’ho ripresa da un famosissimo romanzo per ragazzi. Mark Twain, famosissimo scrittore americano, ha scritto Le avventure di Tom Sawyer e il seguito Le avventure di Huckleberry Finn. Huck fa un viaggio su una zattera lungo il grande fiume americano, il Mississippi.  Io mi sono ispirato a questo libro che ho letto da ragazzo.

D.. Cassandra Vu ha incontrato gli alieni?
R.: Mi aspettavo questa domanda… E che ne so…? Chiedetelo a Cassandra Vu. Io non lo so, non posso saperlo, esattamente come voi.
D.: Ci sono dei personaggi autobiografici nel libro?
Non faccio riferimenti autobiografici, voglio dire non ho avuto una vita così avventurosa da meritare autocitazioni, però nello stesso tempo io ci sono come persona. Ho scritto Storia di Iqbal, la storia di un bambino schiavo pakistano. Ho scritto Storia di ismael che ha attraversato il mare dove racconto la storia di un bambino africano che dal nord Africa prende una di quelle terribili carrette che vediamo tutti i giorni al Tg per venire in Italia. Se io tratto questi temi è perché li ho dentro, nella pancia. Sarei in grado di scrivere qualunque cosa, anche una saga di vampiri di otto volumi; però io preferisco raccontare le storie che avete letto perché mi rappresentano come persona. Nei miei romanzi io voglio parlare di libertà, diritti, ribellione, perché sono valori in cui credo profondamente. Quindi io ci sono nei miei romanzi, anche se non faccio riferimento alla mia vita.
I temi del libro sono l’amicizia e la solidarietà. I temi di questo festival sono gli abbracci, di cui c’è un gran bisogno. Papà sta sulla torre non è solo un romanzo sulla crisi economica, è anche la storia di una bella amicizia fra tre ragazzi che si trovano, si capiscono, si aiutano, si abbracciano e formano un legame indissolubile attraverso la confraternita della mutanda. Ognuno di loro ha un problema, come molti ragazzi. Infatti, in tutti i miei romanzi i protagonisti non sono mai degli eroi, né sono particolarmente coraggiosi. Ad eccezione di Iqbal, gli altri sono normalissimi o peggio sono imbranati, timidi e anche un po’ paurosi che però trovano il coraggio di fare le scelte giuste, un po’ alla volta… nonostante la paura, alla fine ci riescono. Sono convinto che si diventa grandi imparando a fare le scelte giuste.

D: Pensa di scrivere un film che si ispiri ai suoi libri?
Io sono un appassionato di cinema e mi piacerebbe. Vorrei fare tutto: soggetto, sceneggiatura, attore principale, musiche… vorrei fare tutto io, ma mi sa che è difficile... Dal mio romanzo Storia di Iqbal è stato ricavato un cartone animato intitolato Iqbal, bambini senza paura. Purtroppo è uscito a Natale ed è stato sommerso dai blockbuster, ma è un prodotto molto bello, di ottima qualità per quanto riguarda disegni e musiche. E’ stato presentato in occasione di molti Festival internazionali e ha vinto numerosi premi, ma purtroppo i distributori lo hanno affossato. E’ stata una bella sfida perché la storia è drammatica. Raccontare una storia così particolare attraverso un cartone animato è stata la vera sfida. Il film avrebbe meritato  ben altro.

D.: Ha avuto dei consigli da qualcuno per scrivere il libro?
No, non dei consigli. Non c’è nessuna scuola, nessun corso che possa far diventare scrittori. Può aiutare, ma non fa diventare scrittore. Si diventa scrittori in un unico modo: leggendo, leggendo, leggendo, leggendo…  a patto di leggere di tutto. Perché le tecniche narrative non le impari da un manuale, ma leggendo e imparando i trucchi del mestiere. Se si legge molto, si capisce che non esiste un solo modo per descrivere un personaggio, per esempio. Se leggete uno scrittore dell’ ’800, per esempio Balzac, grande scrittore francese, potete scoprire che lui descrive un personaggio nei minimi dettagli: ci dice tutto del personaggio. Volendo, però, un personaggio può essere descritto in due righe o, al limite, anche in due aggettivi. Io, per esempio, non descrivo i personaggi. Suggerisco qualcosa, ma lascio che siate voi a immaginarli.

D.. Lei ha mai fatto parte di una confraternita, come i personaggi del libro?
R.: Di una confraternita, no; ho avuto degli amici molto cari, però.

D.: Ha mai scritto un libro a partire da un sogno?
No, non ho mai scritto un libro a partire da un sogno fatto. Ma prima o poi mi sveglierò nel cuore della notte o alle cinque del mattino e, dopo aver fatto un sogno bellissimo, mi metterò a scrivere un romanzo. A volte i romanzi arrivano per interposte visioni. Le storie possono arrivare da qualunque parte.

D.: Si è mai identificato nei suoi personaggi?
Io tendo sempre a identificarmi nei miei personaggi. Quando scrivo, devo entrare nella storia fino alle orecchie e devo vivere la storia in prima persona. Infatti, io scrivo lentamente perché devo star dentro gli eventi e devo diventare i miei personaggi: vestire come loro, pensare come loro, vivere come loro. Questa è una delle cose più straordinarie dello scrittore; difficile, ma bella. Ogni volta lo scrittore deve diventare qualcuno di diverso da sé e ogni volta lo scrittore deve provare a vedere il mondo con occhi diversi. Se voglio rendere credibile il personaggio, devo diventare il mio personaggio. Questa è una delle cose più affascinanti dello scrivere: ogni volta devo diventare qualcun altro. Quindi fare lo scrittore è un po’ come fare l’attore. Un bravo attore riesce ad interpretare indifferentemente personaggi maschili e personaggi femminili. Lui è un attore, diventa qualsiasi cosa in un attimo. Lo stesso fa lo scrittore.  E’ un esercizio molto utile che aiuta a vedere il mondo con gli occhi degli altri. Attenzione: cerchiamo sempre di guardare il mondo dal punto di vista degli altri.


Andreina Murgia e la Classe 2^C della Scuola secondaria dell’I.C.

lunedì 20 novembre 2017

La Sardegna Arena di Samuele Spiga, 2^E (Scuola secondaria di primo grado)

La Sardegna Arena, situata nella città di Cagliari, è lo stadio provvisorio di 16233 posti, che ospiterà il club rossoblu della città di Cagliari dal 2017 al 2019, fino a quando non verrà costruito, dalle ceneri del vecchio stadio Sant'Elia, lo stadio che ospiterà la grande squadra e i suoi tifosi nei prossimi decenni.
 Nel 2010 lo stadio Sant'Elia, che ospitava il Cagliari da circa 40 anni, è stato dichiarato inagibile a causa di svariati problemi. Il club rossoblù, quindi, si è dovuto spostare in altri stadi, il Nereo Rocco di Trieste e poi lo stadio Is Arenas di Quartu.
 Il club rossoblù stava ipotizzando se rimanere provvisoriamente a Is Arenas, ma c'erano svariati problemi di inagibilità, quindi si è fatto ritorno al Sant'Elia. Dopo la messa in sicurezza dell'impianto del Sant'Elia, il Cagliari è potuto ritornare a giocare nel suo stadio ufficiale. Due anni dopo, è stato presentato il progetto di abbattimento e ricostruzione dell'impianto che poco dopo è stato approvato dal Comune.
A quel punto, il Cagliari ha dovuto cercare una nuova "casa" dove disputare le sue partite nel territorio cagliaritano. Sono state, infatti, scartate le ipotesi di mandare il Cagliari a giocare fuori dalla Sardegna, quindi è stato accettato il progetto di costruire uno stadio provvisorio nell'area orientale dei parcheggi del Sant'Elia e, infine, è stato dato il via libera al progetto Sardegna Arena.
 La posa della prima pietra è stata effettuata il 3 Maggio 2017. Tolto l'asfalto del parcheggio, sono state posizionate le zolle d'erba per il campo da gioco, poi innalzati gli spalti con seggiolini coi colori della squadra: tribuna, distinti (al centro è stata costruita con i seggiolini bianchi la scritta "Cagliari Calcio 1920" e in un angolino è stata allestita una zona ospiti per i tifosi del "continente"), la curva sud e la curva nord dove, a ogni partita, gli Sconvolts cantano cori per incitare il club rossoblù. L'inaugurazione è avvenuta il 10 Settembre 2017 con la partita Cagliari-Crotone, finita con la vittoria del Cagliari con gol di Marco Sau al 33' minuto del primo tempo.
Per quanto mi riguarda, ringrazio tutti gli operai che hanno fatto questo magnifico lavoro e tutte le persone che hanno contribuito a darci il nostro bellissimo stadio provvisorio. Sono impaziente di andare a vedere il Cagliari disputare un'altra partita e di vedere con i miei occhi lo stadio ultimato che costruiranno sopra le ceneri del vecchio Sant'Elia, perché, come dice Plinio il Vecchio, "La casa è dove si trova il cuore".
 Samuele Spiga, 2^E (Scuola secondaria di primo grado)

Sperimentazione Scientis di Sara Tinti, Elena Spanu, Edoardo Lampis, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

Durante l’anno scolastico 2017/2018 tutte le classi di via Torino (Corso A e Corso C) dell’Istituto Comprensivo di Sestu hanno partecipato alla sperimentazione Scientis-l’acqua, una sperimentazione basata sulle competenze degli alunni, un’esperienza nuova non solo per i ragazzi delle prime, ma anche per i ragazzi delle seconde e delle terze.
Con la professoressa Murgia abbiamo affrontato questo tema in Cittadinanza, quando ci siamo occupati dell’ambiente; in geografia abbiamo realizzato delle mappe da illustrare ai nostri compagni, che presentavano laghi, fiumi, mari…

Abbiamo creato dei racconti sull’acqua, delle mappe sugli animali marini in via d’estinzione. Inoltre, abbiamo realizzato varie uscite guidate, tutte sul tema dell’acqua: abbiamo visitato il pozzo di Santa Cristina, il lago Omodeo, le terme romane di Fordongianus e realizzato l’uscita al Rio Matzeu di Sestu, accompagnati dall’assessore Andrea Pisu.
Abbiamo fatto infografiche che spiegavano la sperimentazione attraverso lavori di gruppo, ma abbiamo lavorato anche singolarmente, la maggior parte delle volte con strumenti multimediali: infatti, questa sperimentazione prevede l’utilizzo di dispositivi a scopo didattico ed educativo, che agevola molto il lavoro di noi ragazzi. Per questo, abbiamo anche fatto delle attività di coding.
Durante l’anno, abbiamo usato dei programmi con cui abbiamo fatto tantissime videopresentazioni, abbiamo provato a programmare dei giochi, scritto ”diari di bordo” con la Prof.ssa Marongiu, in cui abbiamo raccontato le attività realizzate col progetto Scientis e vari lavori (dal mito dell’acqua alle religioni) con la Prof.ssa Porcedda.
Ciò che ci è piaciuto di più sono state le videopresentazioni. Abbiamo imparato a lavorare meglio in gruppo, ad usare nuovi programmi al computer e a presentare solo tramite le immagini.
In questo progetto sono stati usati dispositivi e varie aule non comuni della scuola per vari scopi. Nella sperimentazione abbiamo imparato a conoscere il valore dell’acqua, un bene prezioso, anzi vitale per l’uomo.
Secondo noi, questo progetto è bellissimo perché ci insegna a condividere e interagire in modo diverso con i dispositivi. Tutte le attività ci hanno appassionato.
Non si smette mai di imparare, e questo costituisce sempre una continua sorpresa. Si tratta di attività innovative che coinvolgono molto noi ragazzi.
Infine, questo progetto è stato utile per verificare quali competenze possiede ogni singolo alunno.

 Sara Tinti, Elena Spanu, Edoardo Lampis, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

Visita al Santuario nuragico di Santa Cristina - Testo raccolto da Sara Tinti, classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado) e Andreina Murgia

L’area archeologica si trova in provincia di Oristano, nel Comune di Paulilatino, e risulta composta dal Pozzo sacro di Santa Cristina e da un Villaggio nuragico.
Il Tempio è un luogo di culto: l’elemento della natura presente è l’acqua, importantissimo soprattutto quando parliamo di un tempio a pozzo dell’età nuragica. Per l’uomo nuragico, l’acqua era ancora più importante perché manifestazione della sua divinità. La denominazione del pozzo sacro di Santa Cristina è successiva all’età nuragica, risale all’età cristiana. Il pozzo si trova al centro di un Santuario ed è, quindi, espressione della religione della civiltà nuragica. Ritroviamo santuari con tempio a pozzo simili a questo in diverse aree della Sardegna, ma il Pozzo di Santa Cristina è quello più importante della Sardegna perché è il più grande, è in ottimo stato di conservazione, si trova al centro di un Santuario , che è al centro della Sardegna, è il più bello, il più elegante e l’unico nel suo genere: esso segna il culmine dell’architettura religiosa nuragica rispetto ai circa 200 tempi a pozzo che si trovano in Sardegna.
Il Nuraghe è stato costruito con le pietre grezze, naturali, in alcuni casi semilavorate. Eppure, se visitiamo il Tempio ci rendiamo conto che tutte le pietre solo nella faccia a vista sono state perfettamente tagliate, perfettamente squadrate, perfettamente levigate. In un tempio a pozzo costruito attorno al 1000/1110 a.C., quando ancora l’uomo nuragico non conosce il ferro, ma dimostra di essere un bravissimo costruttore, un architetto e ingegnere abilissimo taglia le pietre in un modo spettacolare e noi ancora oggi non conosciamo i tempi, gli strumenti, le persone che hanno contribuito alla costruzione di questo monumento; insomma, non riusciamo a giustificare il taglio delle pietre. Si tratta di basalto, pietra durissima da lavorare. Le pietre sono state tagliate così come non riusciamo a farlo oggi, sono state messe insieme a secco, perché l’uomo nuragico sapeva costruire senza malta e senza leganti. L’archeologia ufficiale la definisce la Lourdes della civiltà nuragica e si suppone che in questo santuario convenissero devoti, pellegrini, fedeli, ammalati: persone che arrivavano esclusivamente per riuscire a partecipare alle cerimonie religiose all’interno del tempio, per celebrare la sua divinità che si manifestava con l’elemento Acqua, con l’elemento Terra, con l’elemento Sole e con l’elemento Luna, stando a tutti gli studi che oggi ruotano attorno a questo posto. Ciò significa che la funzione sacra del pozzo andava di pari passo a quella calendariale e a quella astronomica. Quindi, il pozzo non era solo luogo di culto, allo stesso tempo era monumento utile a cadenzare l’avanzare del tempo, soprattutto le attività legate alla campagna perché questo era vitale nella vita dell’uomo nuragico. Quindi, dobbiamo capire bene che la divinità dell’uomo nuragico era la Madre Terra o Grande Madre o Madre Mediterranea, cioè la Natura in tutte le sue manifestazioni, perché l’uomo nuragico viveva in simbiosi con gli elementi della natura, e stando agli studi che ruotano attorno a questo pozzo, parliamo di un monumento la cui posizione e il cui orientamento è il risultato di un attentissimo calcolo astronomico.  L’uomo nuragico, quindi, non è solo un architetto, o ingegnere o costruttore, è anche un rabdomante perché trova l’acqua a sette metri circa di profondità; è un sacerdote, ovviamente, o una sacerdotessa; è un astronomo perché il Sole e la Luna sono i suoi punti di riferimento. Il periodo corrispondente alla realizzazione del Pozzo è un  periodo di grande evoluzione della civiltà nuragica: i nuraghi sono già presenti in Sardegna e l’uomo nuragico non costruisce più solo nuraghi, ma sta sviluppando il complesso nuragico. In questo periodo si avvia la costruzione o il completamento di complessi nuragici come Barumini, Losa, Santu Antine, Palmavera, Lugherras: si tratta di grandi nuraghi che hanno subito più fasi costruttive nelle quali alla torre centrale sono state addizionate più torri. L’addizione di queste torri avviene quando l’uomo nuragico costruisce questo tempio.
Se parliamo di Santuario è perché intorno al Pozzo si possono osservare dei muretti che allora erano delle capanne con una copertura in legno, una sorta di tetto, ed erano quegli ambienti che venivano destinati ad accogliere fedeli e pellegrini o ammalati, e dove erano allestite, all’occorrenza, anche bancarelle, perché nella piazza del Santuario si svolgevano i mercati, i balli, i canti, le feste.
Il pozzo di Santa Cristina si chiama così perché a poche centinaia di metri di distanza si trova la chiesa a lei dedicata, e tutt’attorno abbiamo un villaggio con case che ancora oggi vengono vissute solo durante la festa di Santa Cristina.

Visita del Tempio
Il culto delle acque si praticava con una cerimonia: quando entriamo nel pozzo incontriamo acqua e terra. Come poteva l’uomo nuragico incontrare la divinità? Scendeva nel pozzo. Nel momento in cui toccava l’acqua nel ventre della Madre Terra entrava in contatto con la divinità. L’acqua aveva proprietà benefiche, terapeutiche, taumaturgiche e curative; e probabilmente gli uomini dell’epoca andavano a toccare con le mani bagnate le parti del corpo doloranti, malate, nel caso in cui si trattasse di ammalati. Ma nel tempio non convenivano solo ammalati; c’erano anche semplici devoti con l’esigenza di incontrare la loro divinità. Il pozzo è stato costruito verso il sorgere del Sole. Infatti, due volte l’anno, solo all’equinozio primaverile e all’equinozio autunnale, il Sole si trova al centro del pozzo, lo illumina, lo abbraccia completamente, finché non si rimette al centro della vaschetta che contiene l’acqua. Due volte l’anno noi riusciamo ad assistere alla congiunzione perfetta di tre elementi della natura: Terra, Acqua e Sole, nel momento preciso che indica l’inizio della Primavera e dell’Autunno, che per l’uomo nuragico rappresentava l’inizio delle attività legate alla campagna, perché l’elemento Sole, quando raggiungeva quella posizione, rappresentava la divinità, a suggerire appunto il cadenzare del tempo. Abbiamo un foro: è la parte terminale di una camera ogivale che è un elegante nuraghe sotterraneo. Poiché un nuraghe è stato costruito con la sovrapposizione di pietre ad anello, gli anelli si sovrappongono e si restringono e determinano la tholos, cioè la pietra centrale, che chiude e completa gli anelli e determina la falsa cupola. In questo caso, abbiamo un foro in quella parte del tempio che segue le fasi lunari. Il ciclo lunare dura 18 anni e sei mesi. Ogni 18 anni e sei mesi, la Luna raggiunge il punto più alto nel cielo; quando la Luna raggiunge la massima potenza e la massima elevazione, attraverso quel foro illumina la parete della camera del pozzo, sino a toccare l’acqua. Il 16-17 dicembre del 2006 il fenomeno astronomico osservato ha confermato le eccezionali conoscenze astronomiche dell’uomo nuragico e la sua necessità di avere dei punti di riferimento per vivere e sopravvivere. Il prossimo sarà nel mese di giugno del 2024, per il Solstizio estivo. Di conseguenza, questi elementi della natura sono la manifestazione della Madre Mediterranea, Grande Madre, Madre Terra o Terra Madre, cioè la Natura e i suoi elementi. Durante la campagna di scavo sono stati recuperati dei reperti sia nel vestibolo che nella vaschetta che contiene l’acqua.

Santuario cristiano
C’è un piccolo villaggio costituito da case in pietra. La Chiesa è aperta solo per la festa di Santa Cristina. Domina la piazza del villaggio cristiano campestre chiamato Novenario, cioè luogo di Novena: nove giorni a maggio e nove giorni a ottobre, il villaggio si rianima e riprende a vivere. La chiesa e le case, che vengono abitate, sono aperte per nove giorni consecutivi perché ancora oggi si celebra la funzione religiosa dedicata a maggio a Santa Cristina,  a ottobre all’Arcangelo Raffaele. Quindi, chi ha la proprietà, si trasferisce anche a dormire. Le famiglie che si trasferiscono sono quattro o cinque, ma nel pomeriggio molti dal paese si recano al villaggio: chi scioglie un voto, chi porta avanti una promessa, chi vi si reca per una forma di devozione. E’ un culto che affonda le sue radici nel culto nuragico e il culto cristiano vi si sovrappone. Queste case sono chiamate in sardo Muristenes. Il primo impianto risale al 1200 d.C. stando ai documenti ufficiali, quando apparteneva ad un monastero: queste sono le celle dei monaci camaldolesi che venivano qua solo per il periodo di ritiro spirituale e di preghiera. In seguito, i monaci andarono via e sopraggiunsero i privati. E ancora oggi queste Muristenes appartengono a privati. Tante pietre utilizzate per la costruzione del villaggio cristiano provengono dal villaggio nuragico.

Villaggio nuragico
Si tratta dell’area più antica del parco, risalente al  1500 a.C. Prima è stato costruito il nuraghe, poi 500 anni dopo il Santuario. Forse il villaggio nuragico era stato costruito per custodire il Santuario, anche se non ci sono certezze di ciò. Il Nuraghe, risalente al 1500 a.C., aveva non solo funzione abitativa, ma anche difensiva, perché dall’alto gli abitanti vedevano il mare e il villaggio circostante, ed erano in grado di contrastare l’arrivo del nemico e organizzare la difesa. Il Nuraghe è di tipologia semplice, nato con un’unica fase costruttiva e con una sola torre, senza modifiche successive. Oggi il nuraghe è alto circa 6 m. Anticamente era alto il doppio. Abbiamo nuraghi che raggiungevano circa 25/27 metri; quindi, questo è un nuraghe piccolo. Allo stesso tempo, si può definire come il riassunto dei nuraghi, perché buona parte degli elementi presenti in questa torre sono comuni a tutti i 12 mila/13 mila, forse anche 14 mila nuraghi che abbiamo in Sardegna. Se dall’esterno queste costruzioni realizzate in pietra grezza semplice possono sembrare tutte uguali l’una all’altra, in realtà sono tutte diverse. E diverse erano le funzioni delle torri. Questo nuraghe probabilmente aveva funzione di dominio, controllo, avvistamento, comunicazione, anche conservazione, forse; ma sarebbe da scartare la sua funzione abitativa perché piccolo e freddo. E ancora c’è da scoprire e scavare, da studiare. Ciò che vediamo sono strutture successive all’impianto nuragico, perché abbiamo la certezza che altre civiltà arrivate dopo abbiano continuato a sfruttare l’impianto nuragico. Il nuraghe presenta una perfetta camera circolare con una copertura a tholos bellissima, perché in ottime condizioni. A sinistra dell’ingresso del nuraghe abbiamo una scala d’angolo di forma elicoidale, che consentiva ai suoi abitanti di arrivare alla camera superiore; quella che oggi è la terrazza del nuraghe era la base della seconda camera, di dimensioni ridotte rispetto alla camera principale. Il nuraghe aveva due camere. Quando parliamo di protonuraghe , cioè la costruzione che anticipa il nuraghe vero e proprio, allora facciamo riferimento a un nuraghe che si sviluppava in lunghezza, piuttosto che in altezza. Però se parliamo di nuraghe ci riferiamo a una costruzione che aveva minimo due piani, con due ambienti (due camere) con la scala d’andito.

Testo raccolto da Sara Tinti, classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado) e Andreina Murgia 

sabato 18 novembre 2017

Progetto Cartografia di Loris Arcibeni, classe 3^G (Anno scolastico 2016/2017 - Scuola secondaria di primo grado)


https://www.thinglink.com/scene/906983468536168451 



Il progetto ha preso avvio intorno al mese di Novembre 2016; la prof.ssa Andreina Murgia ha proposto a diverse classi la partecipazione di alcuni alunni per la realizzazione del progetto.
Le classi coinvolte erano le classi 3^F e 3^G.
Io ho aderito pensando che sarebbe stato un progetto molto divertente, curioso di conoscere più a fondo il mio paese, le vie e i luoghi.
Io mi sono occupato della Toponomastica. Si trattava di andare per le vie di Sestu, fotografare una decina di vie e riportare in word la foto e le informazioni sul significato del nome riportate da Wikipedia, e alla fine realizzare una mappa interattiva con la visualizzazione della strada e la possibilità di cliccare il link delle risorse prese da Wikipedia.
Gli altri alunni hanno realizzato le altre parti del progetto: il Gruppo Fotografia si è occupato della sovrapposizione di foto di Sestu antiche con quelle attuali. Invece, Nicola Frau e Francesco Picci si sono occupati del progetto relativo ai seggi elettorali, con l’obiettivo di realizzare una mappa di Sestu che rappresentasse su carta i seggi elettorali con diversi colori.
Io e un mio compagno abbiamo portato a termine le seguenti parti: abbiamo riportato una mappa di Sestu, scritto il significato delle vie in Word, realizzato la mappa interattiva con la visualizzazione delle strade e delle risorse riportate da Wikipedia  con thinglink, un sito che permette la realizzazione di mappe interattive.
La difficoltà maggiore è stata inserire le immagini sulla mappa interattiva; le altre difficoltà incontrate sono state risolte facilmente. Noi abbiamo imparato come si realizza un progetto, conosciuto un po’ più approfonditamente Sestu, e imparato a usare altri siti che non conoscevamo.


Loris Arcibeni, Classe 3^G Scuola secondaria di primo grado (Anno scolastico 2016/2017)


https://www.thinglink.com/scene/906983468536168451

Cartografia : individuazione dei seggi di Sestu sulla cartina, di Francesco Picci e Nicola Frau,classe 3^F (Anno scolastico 2016/2017 - Scuola secondaria di primo grado)


Nel mese di ottobre sono stato invitato dalla professoressa Murgia a partecipare ad un’attività relativa a toponomastica, cartografia e fotografia, su proposta di Davide Usai, un ragazzo sestese che abita in Francia, fa l’ingegnere e si occupa di cartografia.
Io, Francesco, ho scelto di occuparmi di cartografia e inoltre ho chiesto di poter coinvolgere un mio amico. Così, ancora una volta, ho potuto condividere un percorso scolastico, come quello dell’Occhiolino, con Nicola Frau.
Abbiamo iniziato il nostro lavoro procurandoci una cartina di Sestu in formato digitale, siamo andati sull’operatore di ricerca (Google Maps ) e abbiamo fatto la foto alla schermata dove si trovava la mappa. Quindi, abbiamo copiato l’immagine e l’abbiamo incollata su un programma di disegno.
Siamo andati all’Ufficio urbanistica del Comune di Sestu e abbiamo chiesto il file dell’elenco dei seggi e le relative strade. 
Con tutti i materiali, abbiamo potuto iniziare il nostro lavoro, cioè l’individuazione grafica delle strade e dei relativi seggi.
Abbiamo aperto Paint, un programma di disegno, e abbiamo iniziato a riempire le zone interessate con colori diversi per ogni seggio. Finito questo lavoro, abbiamo realizzato dei poligoni in formato digitale che rappresentano ognuno un diverso seggio.


Francesco Picci e Nicola Frau, classe 3^F- Scuola secondaria di primo grado (anno scolastico 2016/2017)


Premiazione del CIF 2017 - Sestu di Lisa Manunza 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

Un concorso di scrittura e disegno per le scuole? Dove mai si è visto se non a Sestu?
 La premiazione del CIF si è svolta a Casa Ofelia, a Sestu, il 04 giugno 2017 alle ore 18:00. Il concorso "Noi e gli altri" è stato organizzato dal CIF di Sestu con il Comune di Sestu e la collaborazione della rivista "Mediterranea Online".
La Giuria scuola era composta da Carla Fantasia, Rita Armani, Alessandra Frisan. La presentatrice, Ramona Oliviero, collabora col CIF da quando ha partecipato a un concorso di poesia; prima di tutto, ha presentato le scuole materne, quindi le scuole elementari e infine le scuole medie.
Ecco i risultati del Concorso.
 Elaborati Infanzia:
I.C. Sestu "Gramsci + Rodari" Via Piave -Cascata di farfalle: primo premio menzione speciale, alunni della Scuola dell'Infanzia della sezione B.
-Paesaggio di fiori: menzione speciale, alunni della Scuola dell'Infanzia della sezione B.
-Il bosco: menzione speciale, alunni della Scuola dell'Infanzia della sezione B.
-Fiume pulito: menzione speciale, alunni della Scuola dell'Infanzia della sezione B.
-I quattro amici: menzione speciale, alunni della Scuola dell'Infanzia della sezione A.
 Sezione filastrocche Scuola primaria: I Circolo "S.G.Bosco" Via Repubblica -Il mio paese: Classe 1^E, menzione speciale
Sezione racconti Scuola Primaria - lavori di classe
-Il paese che vorrei: classe 5^B, I Circolo "S.G. Bosco" Via Verdi, primo premio sezione racconti
-Il paese che vorrei: classe 3^C, I.C. Sestu "Gramsci + Rodari", menzione secondo posto
 Sezione racconti Scuola primaria- lavori di classe autori partecipanti
-Il nostro paese dei sogni: Classe 4^A, I Circolo "S.G. Bosco" Via Verdi
-Classe 5^C, I.C. Sestu "Gramsci + Rodari"
 Sezione racconti Scuola primaria lavori individuali
-Ludovica Angius classe 5^C, primo premio sezione racconti individuali
-Alessia Giambroni classe 5^C, menzione secondo posto
 Sezione racconti Scuola secondaria: I.C. Sestu "Gramsci + Rodari"
 -Ciao Hissolt: Viola Labate classe 2^H , primo premio sezione racconti.
-Cara nonna: Anna Marcis classe 2^C menzione secondo posto.
-Ciao Ludo: Lisa Manunza classe 2^F, menzione speciale.
-Sorprese di mare: Elena Spanu classe 1^C, menzione speciale.
-Cara Sara: Sara Tinti classe 1^C, menzione speciale.
 TUTTI GLI ELABORATI DEI PARTECIPANTI SONO STATI RIPORTATI NELL'ANTOLOGIA. Durante le premiazioni ci sono stati degli "stacchi", realizzati con i burattini, molto piacevoli. Per quanto mi riguarda, sono molto contenta di aver partecipato.
Lisa Manunza 3^F (Scuola secondaria di primo grado)

Ciao Hissolt., di Viola Labate, primo classificato scuola secondaria Concorso CIF - Sestu - Giugno 2017

“La vita e la bici hanno lo stesso principio, devi continuare a pedalare per restare in equilibrio.”
“Ciao Hissolt. Sono Viola, tua cugina dall’Italia. Oggi frugando in mezzo alle vecchie foto, ho trovato anche questa. Tu forse non sai chi sono queste persone, ma io sì. Lascia che ti parli un po’ di loro. Quello a sinistra è J-Ax e quello a destra è Fedez, sono rapper italiani molto famosi. Sì, quella al centro sono io, anche se tu sai benissimo che non mi sono mai piaciute le foto in cui ci sono anch’io. Ma andiamo avanti.
Questo giorno per me è stato uno dei più belli. Avevo la loro canzone preferita in testa mentre trascorrevo il tempo nella mostruosa fila per andarli ad incontrare. Sentivo, ogni volta che facevo un passo avanti, che il loro cuore era più vicino al mio, più mi avvicinavo, più sentivo le voci e vedevo il flash della fotocamera. Queste persone per me sono importanti, non solo perché sono famose, sono rapper o sono ricchi… ma perché loro hanno fatto del loro svantaggio un vantaggio! Vorrei anche io trasformare i miei svantaggi in vantaggi. Loro hanno sofferto nella vita, hanno perso tutto, hanno rischiato tutto…
J-ax, era un piccolo nerd da piccolo, amava i fumetti, la televisione, i film e il cinema… Odiava le persone, le cose che gli stavano attorno. Aveva passato una vita da inferno, soppresso dai bulli, vita economica difficile… Si può essere più infelici? Ma poi, un giorno, il suo spirito ribelle prese possesso della sua anima e iniziò a dire tutto quello che pensava, iniziò a raccontare la sua storia, di cui non voleva parlare a nessuno. Iniziò a fare il primo passo, iniziò ad amare… Scusa se inizio la frase sempre con iniziò, ma è da un inizio che comincia una storia. Tutti lo adoravano, lo amavano… Perché la sua voglia di migliorarsi si stava diffondendo dappertutto.
Fedez, invece, era il bambino ribelle, a cui non piaceva seguire le regole, esprimeva la sua voglia di ribellarsi, da quando era piccolo, perché non usava mai il ciuccio. Anche lui era vittima di bullismo, anche lui aveva sofferto, anche lui era solo… Stava male, stavano tutti male a casa sua. Però la cosa più bella è rialzarsi all’improvviso, non buttarsi mai giù anche se sai che la vittoria non sarà tua, il destino è stato detto, ma mai scritto!
Tu ti riconosci in questa situazione? Io sono una metà, di bene e di male. Un giorno, il mondo sarà sotto il nostro controllo, dipenderà da noi. Un ciao da una persona famosa, o un semplice cittadino, può cambiarti la vita.
Tocca quasi a me in fila per scattare la foto, ancora una persona e sarò nel palchetto per il firma copie. Finalmente è il mio turno. J-ax mi sorride e io sorrido a lui. Fedez invece, sta zitto zitto, proprio come immaginavo. Gli opposti si attraggono. J-ax, una persona piena di felicità, e Fedez, un ragazzo più timido.
Scendo dal palco salutando Ax e Fedez. E dico, forse troppo a voce alta, < Un giorno lavorerò con te, Ax, lo giuro>
J-ax si volta verso di me < Allora ci vediamo Zia. Sbrigati, però, che se no si fa tardi.>
Esco fuori senza giubbotto, anche se era Gennaio. Sento il vento che mi accarezza la pelle e le parole di Ax mi rimangono impresse. Le sento riecheggiare nella mia testa.
Mi veniva solo una frase in mente, < Sarà che facciamo viaggi, ma è sognare che ci rende saggi.>
Era di una canzone di Ax, ma io la sento come un esempio di vita vissuta. Ma si sa, d’altronde, una canzone è sempre un esempio di vita, una storia, un’amicizia. E ogni volta che rivedo questa fotografia, mi viene da ridere, perché penso a me impacciata, insicura di cosa volessi dire a J-ax e Fedez. Ma poi sento la voce di J-ax, che mi ricorda che basta guardare fuori dalla Città di Carta in cui viviamo, per assaporare, anche solo per un istante, la vita che ti attenderà un giorno, che è sempre pronta per te. Basta avere il coraggio di fare il primo passo.
E già, la vita e la bici hanno lo stesso principio Hissolt, devi continuare a pedalare per restare in equilibrio.

Un abbraccio da Viola. Ti voglio bene, anche se cadremo nelle tenebre, riusciremo ad accendere una luce nel buio.

 Viola Labate, Classe 2^H (Scuola secondaria di primo grado)
 

Cara nonna..., di Anna Marcis, secondo classificato scuola secondaria Concorso CIF - Sestu - Giugno 2017

Cara nonna...
La macchina fotografica?.... ma chi la usa più!!!  Ora esistono gli smartphone...!! La foto che ho scattato rappresenta uno dei tanti momenti felici all'interno della scuola. Ci sono io e due delle mie amiche più care. Ci siamo conosciute il primo giorno di scuola media e subito, fra noi tre, si è creato un legame speciale. Ma, cara nonna, vorrei raccontarti di più di questi anni alle scuole medie...                    
Quando sono entrata il primo giorno, non credevo che mi sarei trovata così a mio agio... ma non è stato così solo con loro. Mi sono trovata bene con tutti i miei compagni, e come ho già detto soprattutto con loro due.
Avevo paura di iniziare una nuova avventura in una nuova scuola, con nuovi insegnanti, nuovi compagni, ma soprattutto la cosa che mi ha spaventato di più è stata come mi sarei trovata in questo nuovo percorso.                                                                   
Ma sono stata più che fortunata perché è stato tutto il contrario di come me lo aspettavo.           
Tutto l'anno è stato perfetto... siamo diventati tutti amici, molto amici, ma ovviamente non con tutti ci siamo trovati bene. Invece con le mie due amiche il rapporto si è rafforzato.
Passata l'estate, siamo tornati a scuola tutti con nuovi progetti per questo nuovo anno... ma abbiamo avuto una grande sorpresa. I corsi A e C partecipano a un corso sperimentale chiamato "SCIENTIS".                                                                 
Grazie a questo progetto gli alunni sperimentano un nuovo modo di fare lezione che ci piace molto!! Siamo noi, infatti, a cambiare le aule... e tutto ciò ci coinvolge moltissimo perché le professoresse ci coinvolgono su cosa fare nelle lezioni sperimentali e, certo nonna, non mancano le solite lezioni noiose...                                                                                                                                    Lavoriamo con più piacere, realizziamo dei bellissimi lavori, molto modestamente, e lavoriamo  sempre di più in gruppo...ma divertendoci.                                                            Siamo felici, ma come tutti i ragazzi, chiassosi e spensierati e non abbiamo più l'incubo di andare a scuola.
La foto che abbiamo scattato io e le mie amiche rappresenta un momento speciale come quelli che ti ho appena raccontato, nonnina.                                                                     
E' vero, la scuola può essere noiosa ma è il posto dove nascono le amicizie più importanti, che a volte durano tutta la vita, come spero che duri la nostra.
Complice è stata la scuola... che ci ha fatto scoprire un nuovo modo di essere uniti, anche lavorando e studiando, ma soprattutto il vero valore dell'amicizia.
Grazie, nonna, per avermi ascoltato. Ti invio la nostra foto che spero possa trasmetterti le stesse emozioni di gioia e felicità che proviamo noi.                                                                       
Un bacio,                                                                                                                     
Anna
Anna Marcis, Classe 2^C (Scuola secondaria di primo grado)

Come Mary Anning - a cura della Scuola d'Infanzia "Maria Lai"

Come Mary Anning Curiosità, scoperta, creatività, invenzione Conoscete Mary Anning ? Vi diciamo come l’abbiamo conosciuta. Maestra Alessia Z...